TikTok e le istigazioni al suicidio
Da TikTok arriva l’agghiacciante moda dell’abuso di paracetamolo, nel tentativo più o meno cosciente di togliersi la vita. Il trend è “Perché hai paura di prendere la Tachipirina” e i post sono abbastanza ambigui da risultare incomprensibili per chi non sa.

TikTok e le istigazioni al suicidio
Da TikTok arriva l’agghiacciante moda dell’abuso di paracetamolo, nel tentativo più o meno cosciente di togliersi la vita. Il trend è “Perché hai paura di prendere la Tachipirina” e i post sono abbastanza ambigui da risultare incomprensibili per chi non sa.
TikTok e le istigazioni al suicidio
Da TikTok arriva l’agghiacciante moda dell’abuso di paracetamolo, nel tentativo più o meno cosciente di togliersi la vita. Il trend è “Perché hai paura di prendere la Tachipirina” e i post sono abbastanza ambigui da risultare incomprensibili per chi non sa.
La figlia di Angela è ricoverata in gravi condizioni dopo aver inghiottito sei compresse di Tachipirina. Marco, invece, non ce l’ha fatta. È morto tra atroci dolori, molto più atroci di quelli di chi sceglie di morire col sonnifero rubato alla mamma. L’agghiacciante moda dell’abuso di paracetamolo, nel tentativo più o meno cosciente di togliersi la vita, arriva come sempre da TikTok, il social dove gli adulti non ci sono o, se ci sono, difficilmente capiscono.
Il trend è “Perché hai paura di prendere la Tachipirina” e i post sono abbastanza ambigui da risultare incomprensibili a chi già non sa, non conosce. Sono messaggi in codice – come «Ho finito il balsamo», che sta a significare l’aver perso la voglia di vivere e avere intenzione di farla finita – scritti in sovraimpressione a immagini di volti in lacrime o paesaggi lunari.
Perché un adulto possa capirli, deve leggere i commenti, per poi scoprire un mondo di ragazzini appena adolescenti che trovano in quella drammaticità esibita qualcosa di epico e nella sopravvissuta all’overdose del farmaco da banco un’eroina da ammirare.
C’è un incontro fatale tra disagio esistenziale, disregolazione emotiva, desiderio di emulazione, assuefazione alle challenge e vuoto cosmico dietro a quei post brevi, scarni, senza effetti e filtri. Un SOS lanciato col mezzo sbagliato nel posto sbagliato, quello da cui non potrà mai arrivare aiuto ma solo una propagazione infinita del dolore. Chissà se gli autori di quei messaggi ne sono consapevoli.
di Maruska Albertazzi
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Tag: Italia, social media
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