AUTORE: Giulio Carta
L’intervento in assoluto più duro, fra i tanti che il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha pronunciato davanti a Parlamenti nazionali e sovranazionali. Le parole riservate in videocollegamento al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sono state sferzanti. «L’Onu non sta garantendo la sicurezza, difenda tale diritto o può anche chiudere», l’esordio del presidente ucraino, tanto per mettere in chiaro il tono del suo intervento e il vero obiettivo: il meccanismo di funzionamento del Consiglio di sicurezza.
Determinato dalla conclusione della Seconda guerra mondiale, garantisce un potere di veto che oggi la Russia non manca di esercitare per bloccare qualsiasi risoluzione o iniziativa contraria ai suoi interessi. Non esattamente una critica inedita nei confronti dell’Onu, la cui capacità di intervento in crisi che coinvolgano le superpotenze o comunque i membri permanenti del Consiglio (Stati Uniti, Russia, Gran Bretagna, Francia e Cina) è sempre stata nulla.
Politicamente più rilevante la successiva richiesta arrivata da Zelensky: «La Russia porta avanti azioni terroristiche e sta commettendo i peggiori crimini di guerra. Bisogna processare i generali russi, serve un tribunale modello Norimberga». È sostanzialmente la richiesta in bella copia già avanzata dal presidente degli Stati Uniti e che ha provocato la tempesta diplomatica di dieci giorni fa. Rinforzata dalla trasmissione di un video presentato dallo stesso Zelensky che testimonierebbe alcuni degli eccidi commessi dalle truppe russe in Ucraina.
Di Giulio Carta
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