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Donne e scienza, parla Monica Zoppè

L’11 febbraio è la Giornata internazionale delle donne e ragazze nella scienza per sensibilizzare sul loro ruolo preziosissimo e abbattere le barriere di genere
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Le donne rappresentano circa la metà dei laureati in Europa ma nelle discipline Stem (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) la situazione cambia radicalmente: sono pochissime e abbandonano progressivamente la carriera accademica, arrivando a costituire appena il 33% della forza lavoro e soltanto il 26% dei professori ordinari. Negli ultimi dieci anni il loro numero sul totale degli iscritti non è mai cresciuto. È quanto emerge dal Rapporto Anvur 2023, che evidenzia come il problema non sia soltanto una questione di attitudine. L’11 febbraio è la Giornata internazionale delle donne e ragazze nella scienza per sensibilizzare sul loro ruolo preziosissimo e abbattere le barriere di genere. Ne parliamo con Monica Zoppè, ricercatrice e direttrice di SciVis (Scientific Visualization) presso l’istituto di BioFisica del Consiglio nazionale delle ricerche a Milano. «Lo spazio nella scienza c’è, il problema è che se lo prendono gli uomini: i laboratori sono pieni di donne ma non è lo stesso per gli uffici dirigenziali» osserva Zoppè. Le pochissime di loro che raggiungono i vertici non sempre sono impegnate nella causa femminista: «Sono scienziate molto brave che però faticano ad ammettere pubblicamente che i colleghi uomini sono arrivati al loro stesso livello con molta meno fatica e meno competenze» aggiunge la ricercatrice, che fa parte dell’associazione Donne&Scienza fondata nel 2003 da un gruppo di esperte unite per combattere i pregiudizi che limitano la presenza delle donne nel settore. Per Zoppè – laureata in Biologia a Milano nel 1987 dopo essersi innamorata della natura durante un viaggio in Amazzonia – il problema è antico: «Oggi si coltiva ancora il mito dello scienziato geniale che, grazie alla sua intelligenza superiore, riesce a inventare qualcosa di nuovo ed eclatante. La scienza però funziona soprattutto a piccoli passi: tante persone per piccoli contributi. È un modello attraente per chi pone al centro il proprio prestigio, ma sono frequenti ancora oggi i casi in cui alcune scoperte vengono attribuite a chi se ne appropria e non sempre in modo corretto». Un esempio pratico? «La decisione sul nome che deve comparire per primo fra quelli degli autori di una pubblicazione è frequente causa di discussione. In molti casi le donne preferiscono lasciar perdere per evitare litigi piuttosto che insistere. Questo però porta delle conseguenze: per esempio nei concorsi o negli inviti alle conferenze. È anche così che si alimentano le differenze». Un problema non soltanto italiano confermato dalle sue esperienze all’estero, per esempio al Salk Institute di La Jolla (Usa): «C’è ancora molta strada da fare per arrivare a un modello di normale rispetto e inclusione per tutti, in primis per le donne». La famosa fuga dei cervelli, dunque? «È un falso problema, secondo me: la scienza è un’impresa dell’umanità e non dovrebbe essere vista come una gara fra nazioni. Ben venga la possibilità di fare esperienze altrove, per lo più se poi vengono redistribuite quando si torna. Quel che più manca è lo scambio: passare qualche anno all’estero ma anche accogliere qui da noi studiosi di altre parti del mondo, cosa che purtroppo ancora non succede» sottolinea. Dopo anni di esperienza e abnegazione sul lavoro, Monica Zoppè dà un consiglio alle giovani scienziate del futuro: «Non lasciatevi scoraggiare: potete fare tutto quello che volete. Ci sono moltissime donne più grandi ed esperte disponibili ad aiutarvi a superare ogni difficoltà». Di Raffaela Mercurio

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