Filippo Conca: “Il mio manager andrà al Tour de France, c’è una squadra che dice di volermi, vediamo cosa accadrà”
Filippo Conca: “Il mio manager andrà al Tour de France, c’è una squadra che dice di volermi, vediamo cosa accadrà”. Un amatore rimasto fuori dal giro che conta finisce con le braccia alzate al cielo nel campionato italiano: possibile? Eccome

Filippo Conca rivela a “La Ragione” che negli ultimi giorni gli è arrivata qualche offerta da parte di team italiani: «Il mio manager andrà al Tour de France, c’è una squadra che dice di volermi, vediamo cosa accadrà». E sarebbe assurdo che non se ne facesse nulla, considerato che da qualche giorno la sua storia ha ribaltato il ciclismo internazionale: a 26 anni Conca è diventato il nuovo campione italiano su strada senza essere un corridore professionista. O meglio: lo è stato, ma oggi risulta soltanto un amatore ed è tuttora fuori dal circuito principale (World Tour) dopo le esperienze senza squilli in due squadre. Così ha accettato l’offerta dello Swatt Club: un blog per raccontare lo sport, nato nel 2013 su una seggiovia alpina e che nel tempo è diventato una squadra di concorrenti over 23 in cerca di una seconda occasione, dopo essere stati sedotti e abbandonati dal professionismo. Una squadra che ora può fregiarsi del corridore con la maglia tricolore addosso, quella stessa maglia che è stata di fenomeni come Gianni Bugno o Paolo Bettini.
Conca si racconta così: «So di aver dato emozioni anche a chi non segue il ciclismo tutti i giorni. Pensavo a questo giorno da mesi. Non sono certo un campione, ma non sono neanche l’ultimo della pista. Ai campionati italiani di due anni fa ero arrivato ottavo, avevo capito di potermela giocare». E così è stato.
Laureato in Economia, Conca gestisce un b&b a Lecco, ha conseguito la patente nautica, aveva in mente di aprire un noleggio di biciclette. Ma ora la ruota ha girato a suo favore: dovrà rientrare tra i professionisti, perché se (paradosso) non dovesse farlo, non potrà esibire la maglia tricolore. Ecco perché la sua vittoria è stata come un terremoto – anzi, una specie di Caporetto – nel ciclismo professionistico, in crisi d’identità già da qualche anno. Un amatore rimasto fuori dal giro che conta finisce con le braccia alzate al cielo nel campionato italiano: possibile? Eccome.
Subito dopo il trionfo, Conca aveva detto a “La Gazzetta dello Sport” che «al ciclismo interessa solo il campione». Ora con “La Ragione” estende il concetto: «Non c’è neppure da lamentarsi, è il mondo che funziona così. È tutta una questione di interessi economici. Nello sport si parla di valori, ma quello che conta davvero per le squadre e per gli sponsor sono i soldi. Con i campioni che ci sono oggi nel ciclismo (lo sloveno Pogacar su tutti, ndr.) stanno tornando gli sponsor più importanti. Negli anni Novanta e nei Duemila, prima degli scandali legati al doping, c’erano i grandi marchi: si pensi ad Adidas al fianco di Lance Armstrong. Oggi proprio Adidas sta per rientrare nel giro».
Non c’è il rischio che questi eccessivi interessi economici possano indurre nella tentazione del doping? Conca lo esclude: «Penso ci siano tanti elementi scientifici nello sport attuale che possono aiutare a migliorare le prestazioni senza essere classificati come doping. Sono cresciute a dismisura le performance medie e secondo me un ruolo decisivo è svolto dall’alimentazione: in passato si mangiava poco in gara e anche in allenamento, ora invece si mangia tanto in bici, il corpo ha sempre energie per alzare l’asticella. Fino a 6 o 7 anni fa si mangiavano 50 grammi di carboidrati ogni ora, ora almeno 150».
La storia del campione d’Italia, fatta di fatica e di un timing non ideale con la sorte, è pronta per un nuovo capitolo: «Ne ho passate tante. Sono stato colpito diverse volte dal Covid, nel 2022 mi ha steso per un mese. Prima dei campionati italiani ho centrato una marmotta mentre ero in discesa, rimediando un trauma cranico. Vedevo che i momenti positivi arrivavano per tutti, ma non per me. So che potrei essere un buon gregario anche per squadre importanti. Per questo sono convinto di essermi guadagnato una presenza al Giro d’Italia: con la maglia tricolore addosso sarebbe il massimo».
Di Nicola Sellitti
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