Concia, coordinatrice di Didacta Italia: “La scuola italiana sta attraversando una rivoluzione”
Intervista ad Anna Paola Concia, coordinatrice Didacta Italia: “La scuola italiana sta attraversando da alcuni anni una vera rivoluzione”
Concia, coordinatrice di Didacta Italia: “La scuola italiana sta attraversando una rivoluzione”
Intervista ad Anna Paola Concia, coordinatrice Didacta Italia: “La scuola italiana sta attraversando da alcuni anni una vera rivoluzione”
Concia, coordinatrice di Didacta Italia: “La scuola italiana sta attraversando una rivoluzione”
Intervista ad Anna Paola Concia, coordinatrice Didacta Italia: “La scuola italiana sta attraversando da alcuni anni una vera rivoluzione”
L’ultima vera riforma della scuola risale al 1974. Ma dalla scuola parte tutto: trascurarla – o considerarla poco più che un ammortizzatore sociale per prendere consenso – vuol dire mandare in rovina il futuro del Paese. I dati dell’Ocse pongono l’Italia a un livello di qualità scolastica medio basso (36esimo posto su 57). I report di Invalsi confermano anche le disuguaglianze territoriali e le difficoltà degli studenti.
È una riflessione sempre attuale e amara che sottoponiamo ad Anna Paola Concia, coordinatrice di Didacta Italia, la fiera più importante in Italia su questo argomento: «Sparare sulla scuola italiana è ormai uno sport nazionale. Della scuola sui media si parla soltanto male e questo fa audience. Con ciò voglio dire che va tutto bene? Certo che no, ma la scuola italiana sta attraversando da alcuni anni una vera rivoluzione» osserva l’ex parlamentare. Il merito di questo profondo cambiamento tuttora in corso si deve ad almeno due fattori determinanti: «Il grande lavoro di dirigenti e docenti illuminati da un lato, il ritorno degli investimenti sull’innovazione della didattica e degli ambienti di apprendimento (vedi il Pnrr ma non solo) dall’altro» spiega Concia.
«La scuola deve cambiare radicalmente, quella che abbiamo conosciuto e vissuto noi boomer– la scuola della riforma Gentile per intenderci, quella dell’alfabetizzazione di massa e delle lezioni frontali – andrà scomparendo grazie alle tecnologie, che sono uno strumento e non un fine, e grazie a nuovi ambienti di apprendimento. È un processo lento ma inesorabile che vedrà cambiare i dati Ocse e Invalsi». La qualità delle scuole, dei professori e degli amministratori scolastici andrebbe verificata da un organismo professionale indipendente (soprattutto dal governo e dai sindacati) che abbia il potere di allontanare i dirigenti scolastici e i docenti inadeguati, premiando quelli (e sono tanti) che con sacrifici e abnegazione hanno sinora tenuto in piedi la baracca.
Agli educatori migliori andrebbero riconosciuti ruolo, carriera, status e poteri disciplinari sugli studenti, così come uno stipendio all’altezza delle figure professionali che mandano avanti un’azienda. Alle scuole giova riconoscere l’autonomia di assumere i migliori, non chi ha accumulato punti secondo metodologie bizantine. Commenta Concia: «L’autonomia scolastica non è ancora compiuta e sicuramente è un obiettivo da realizzare. La valorizzazione dei docenti da un punto di vista economico è fondamentale, come lo sono la premialità e l’avanzamento di carriera. Sarebbe un grande passo avanti, così come lo sarebbe una riorganizzazione più moderna della scuola considerando le esigenze delle famiglie e del tipo di società in cui viviamo.
Penso ad esempio che tenere le scuole aperte d’estate sia una cosa buona e giusta, gli spazi degli istituti potrebbero essere utilizzati per venire incontro a quei genitori che lavorano, ovviamente su base volontaria». La sfida per rimettere al centro la scuola come motore di crescita del Paese è anche la battaglia di Didacta Italia, di cui Concia ci illustra qualche risultato: «In pochi anni è diventato l’evento più importante sull’innovazione della scuola che accompagna la rivoluzione a cui accennavo all’inizio.
L’urgenza è quella di innovare la scuola su tutto il territorio nazionale, non più a macchia di leopardo ma in modo uniforme, da Nord a Sud passando per il Centro, anche per colmare i divari territoriali. La formazione degli insegnanti e gli investimenti sono gli asset principali. Il rischio è che, dopo le tante risorse impiegate in questi anni sulla digitalizzazione, l’edilizia scolastica innovativa e la formazione dei docenti anche grazie al Pnrr, si interrompa il flusso di investimenti. Sarebbe un danno gravissimo che metterebbe a repentaglio l’obiettivo di mettere al centro la scuola come motore di crescita civile, culturale ed economica del Paese. Sulle nuove competenze si gioca il futuro civile ed economico dell’Occidente».
Di Antonluca Cuoco
La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
Leggi anche
Chiara Mancini, Vice Direttore Generale ABI: “Le imprese bancarie hanno attivato diverse iniziative per contrastare la violenza economica”
Alisa Kovalenko: “Putin vuole l’amnistia per i russi violentatori”
Gianni Bismark racconta “Ancora vivi”: “Il progetto più mio che abbia mai fatto”