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Federica Abbate e la svolta nata da un “Tilt”

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Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Federica Abbate, penna multiplatino e cantautrice, sulla nuova fase della sua carriera iniziata con “Tilt”

Federica Abbate

Federica Abbate e la svolta nata da un “Tilt”

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Federica Abbate, penna multiplatino e cantautrice, sulla nuova fase della sua carriera iniziata con “Tilt”

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Federica Abbate e la svolta nata da un “Tilt”

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Federica Abbate, penna multiplatino e cantautrice, sulla nuova fase della sua carriera iniziata con “Tilt”

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Fra le firme più virtuose del panorama musicale mainstream italiano è impossibile non annoverare Federica Abbate: penna multiplatino, nata e cresciuta a Milano, autrice per artisti del calibro di Elodie, Emma, Fedez, Geolier e Laura Pausini. Dopo tutti questi successi è tuttavia cresciuta forte in lei l’esigenza di qualcosa di nuovo, di una nuova forma. Ecco quindi nascere un nuovo capitolo, inaugurato dal singolo “Tilt”, che la vede abbracciare a 360 gradi le vesti di cantautrice. «Questo brano nasce da un vero tilt creativo» racconta lei stessa a “La Ragione”. «Venivo da un progetto come “Canzoni per gli altri”, un album in cui dichiaravo apertamente di trovarmi a metà strada nel mio percorso: a cavallo tra l’autrice, l’artista e la cantautrice. Quel cammino è stato meraviglioso, ma dopo mi sono ritrovata in un vero e proprio stato di tilt. Mi sono chiesta: “E adesso cosa faccio? Cosa voglio dire come artista? Cosa voglio diventare?”. Così mi sono chiusa in studio per tre settimane e ho scritto una ventina di brani».

La scelta di questo singolo come apripista per la nuova fase non è stata casuale: «Ho voluto che fosse il primo brano proprio perché è nato in un momento in cui mi sentivo intrappolata in una forma che non mi apparteneva più, sia nella vita che artisticamente. E quando rimani imprigionato in una forma che non ti rappresenta, l’unica via d’uscita è strabordare, superarla. Anche se questo fa paura». Per quanto naturale, infatti, questa trasformazione non è stata facile: «Fare un percorso del genere non è stato semplice. Nasco come autrice e questo significa partire con una miriade di possibilità davanti: posso scrivere di tutto, per chiunque. Ma proprio per questo la parte più complessa è stata capire cosa volessi davvero dire come artista, chi fossi veramente. Una domanda che è stata tanto musicale quanto esistenziale. Perché sì, ho sempre scritto per tutti ma scrivere per sé stessi è tutta un’altra sfida». Questo dualismo continuo è ben descritto anche dall’artwork di “Tilt”, che Abbate ci ha raccontato così: «Sono autrice e artista, ma anche nella mia quotidianità ho sempre vissuto tra due mondi: la città e la campagna. Sono cresciuta a metà strada tra questi due universi e ci tenevo che questa doppia anima fosse presente anche nella copertina. Questa doppia identità attraversa tutta la mia musica».

Impossibile a questo punto non toccare il tema ricorrente delle ‘solite firme’ nella musica italiana: «Insieme ai miei colleghi siamo tutti ragazzi che si sono guadagnati con il sudore il posto che occupano oggi. Nessuno ci ha regalato niente. E questo si riflette anche nella fiducia che, col tempo, abbiamo conquistato: quella degli artisti, dei discografici, del pubblico. Ce la siamo guadagnata. È normale che chi è appena arrivato debba fare più fatica per ritagliarsi uno spazio. È un percorso. Conta il talento, certo, ma anche tutto il resto: la determinazione, la costanza, l’affidabilità». Per la cantautrice milanese la questione è ancora più ampia: «Il problema è che in Italia si parla ancora troppo poco di meritocrazia. Quando qualcosa non funziona, bisogna avere il coraggio di farsi delle domande: forse quella canzone non era abbastanza forte, forse non si è lottato abbastanza per farla ascoltare, forse c’è da lavorare di più. Prendersi la responsabilità del proprio percorso è fondamentale. Non basta aspettarsi che qualcuno ti scelga: devi essere tu a dimostrare che lo meriti».

Infine, un consiglio per chi sogna una carriera nella musica: «La vera sfida è trovare la propria cifra stilistica. Perché è proprio quella la tua arma: essere personale, autentico. È ciò che ti rende diverso da tutti gli altri. Se non trovi quella voce ‘unica’ rischi di essere solo una copia dei veri capiscuola». Nel frattempo Abbate guarda già avanti: «Quest’estate parteciperò finalmente a diversi festival e sarà l’occasione per incontrare il pubblico dal vivo. È proprio questo che mi mancava di più: il contatto reale con le persone».

di Federico Arduini

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