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Giorgia racconta “G”: “Sono un po’ come Terminator: mi stendono, ma rinasco. E agli stadi preferisco i club”

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Abbiamo incontrato Giorgia oggi alla Triennale di Milano, dove ha presentato in anteprima il nuovo disco, in uscita il 7 novembre

Giorgia

Giorgia racconta “G”: “Sono un po’ come Terminator: mi stendono, ma rinasco. E agli stadi preferisco i club”

Abbiamo incontrato Giorgia oggi alla Triennale di Milano, dove ha presentato in anteprima il nuovo disco, in uscita il 7 novembre

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Giorgia racconta “G”: “Sono un po’ come Terminator: mi stendono, ma rinasco. E agli stadi preferisco i club”

Abbiamo incontrato Giorgia oggi alla Triennale di Milano, dove ha presentato in anteprima il nuovo disco, in uscita il 7 novembre

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Dopo un anno straordinario, costellato di successi, Giorgia è pronta a tornare con un nuovo progetto che segna una tappa importante del suo percorso artistico. Venerdì 7 novembre arriva “G”, il suo atteso album di inediti, a quasi tre anni di distanza dall’ultimo lavoro in studio.

Abbiamo incontrato l’artista oggi alla Triennale di Milano, dove ha presentato in anteprima il disco e condiviso con la stampa riflessioni e racconti su questa nuova fase della sua carriera. “G” non è un concept album nel senso tradizionale, ma un progetto che ha come unico e autentico filo conduttore la stessa Giorgia: la donna e la musicista di oggi, che ha scelto di rimettersi in gioco, ripartendo da sé stessa e dalla propria musica.

«Questo progetto è nato con l’intento di dire: “Rimettiamoci nella musica”. Non ero convinta di riuscire davvero a mettere insieme un disco. Non avevo le idee chiare su cosa cantare, quindi ho detto sì, ma con la consapevolezza di aver bisogno di una guida, partendo da me stessa» ci ha raccontato Giorgia.

E oggi che la sua musica torna a viaggiare fortissima anche tra i più giovani, per lei questa è una vera rinascita: «Mi sento un po’ come Terminator – quello del secondo film che viene distrutto e poi si ricompone ogni volta, come il mercurio che si riunisce da solo. Diciamo che questo per me è un altro rinascimento, perché non è la prima volta che succede. La cosa bella di non avere più vent’anni è scoprire che le cose possono ancora cambiare, trasformarsi, a seconda di come le vivi. Ci sono fasi che si alternano in maniera meravigliosa, e io sono molto grata alla vita per avermi dato la possibilità di capirlo. Non me lo aspettavo. Se me lo avessero detto non trent’anni fa, ma anche solo dieci, che sarebbe potuto arrivare un momento come questo, non ci avrei mai creduto. Anche perché a 26 anni già dicevo che volevo smettere! E invece eccomi qua, con una nuova energia e una nuova voglia di musica».

Un suono contemporaneo senza perdere sé stessa: la nuova Giorgia

Musicalmente, G” passa dalle ballad – spesso sorrette da una marcata matrice ritmica – a pezzi più uptempo, come “Tra le lune e le dune“, di chiara ispirazione Daft Punk.
La produzione dei 12 brani, costruiti attorno a piano e synth, è curata nei minimi dettagli: ogni suono, ogni impasto, ha un respiro proprio. Scelte apparentemente inusuali negli arrangiamenti concorrono alla costruzione di una trama sonora coerente e raffinata. In questa fase di carriera, la scelta di abbracciare uno stile più contemporaneo, pur restando fedele a sé stessa, ha premiato: G” è probabilmente uno dei lavori più ispirati della sua carriera. «Ho avuto paura dall’inizio, quasi fino alla fine. Temevo che potesse sembrare una forzatura: il voler fare canzoni moderne a tutti i costi, rischiando di snaturarci. In realtà abbiamo sempre cercato che in ogni brano convivessero entrambi gli aspetti. Penso, per esempio, a “La cura per me“: la strofa ha un impianto molto moderno, mentre l’inciso è più classico. Cercavamo brani che mi permettessero di avere spazio per aprire la voce, quei due o tre momenti in cui “essere davvero me”. All’inizio non ce n’era nemmeno uno, poi piano piano sono arrivati. A forza di cantare e di provare ho trovato una formula in cui potessi sentirmi credibile, anche dentro metriche più strette. Ma dentro quelle strutture ho cercato comunque il mio ghirigoro, quella parte più personale e libera. È stato un lavoro profondo anche sulla voce, per capire cosa mi somigliava già e cosa potevo aggiungere io.

E poi, lo ammetto, mi sono anche un po’ vantata con me stessa del fatto che questo tipo di suono elettronico l’ho sempre amato. Ho sempre cercato di mescolarla con il suonato. Nel corso degli anni ho avuto anche pezzi totalmente elettronici che sono andati bene, quindi mi sono sentita a mio agio. Rispetto alla mia generazione, mi sento più coerente con la musica nuova, più a mio agio dentro queste sonorità. È stato davvero un percorso di equilibrio tra paura e libertà».

E in effetti, oggi in molti le riconoscono il merito di aver portato le sonorità R&B in Italia quando ancora non erano mainstream. Ma non è stato sempre semplice: «Ci sono stati momenti in cui era davvero complicato presentare canzoni vestite “alla maniera che piaceva a me”. Penso agli anni ’90, al periodo dell’R&B che ascoltavo moltissimo. A un certo punto ho capito che dovevo trovare un compromesso tra il pop italiano e quello che amavo. Così ho provato a cantare brani che sentivo miei, ma vestiti in modo che potessero essere compresi anche dal pubblico di quel momento.

A volte ci sono riuscita meglio, altre meno, ma mi fa piacere che oggi questo aspetto sia arrivato. Quando poi le sonorità elettroniche e R&B sono state sdoganate anche nella musica italiana, mi sono detta: “Evviva! È roba mia, la posso fare liberamente.” Detto questo, non è stato immediato entrare in una scrittura davvero contemporanea: è stato un percorso».

E quando le chiediamo come vive oggi l’influenza che ha avuto sulle nuove generazioni di artisti, sorride:
«Per me è un orgoglio. Quando ascolto i giovani talenti, sento in alcuni qualcosa che mi somiglia. E lì mi dico: “Vedi? Qualcosa è rimasto.” Sono idee che girano, che tornano sempre in forme diverse. È un po’ il senso della musica: qualcosa di poetico, che mi piace pensare sia vero».

Nel disco, Giorgia collabora con molte penne giovanissime, da cui è rimasta profondamente colpita:
«Abbiamo provato tante canzoni, e la cosa che mi stupiva era ricevere pezzi da autori, alcuni più conosciuti, altri no, ma tutti molto giovani. Giovani che però dimostravano una consapevolezza che io ho impiegato quarant’anni a costruire. Mi ha colpito soprattutto la profondità con cui affrontano temi come la relazione, l’evoluzione del sentimento, la gestione dell’emozione. Ci sono pezzi, come Paradossale, che sembrano scritti da qualcuno che ha vissuto molte relazioni e ha imparato tanto, e invece dietro ci sono ragazzi giovanissimi. Questo mi ha fatto riflettere molto».

Giorgia: “Il femminismo non è insultare”

A margine della presentazione, Giorgia ha anche commentato il recente caso della chat tra le attiviste Carlotta Vagnoli, Valeria Fonte e Benedetta Sabene, indagate per stalking: «Non so quand’è che mi sono distratta e il femminismo ha preso un’altra piega. Non trovo niente di femminista nell’insultare le persone. Sono cresciuta in un ambiente femminile, circondata da donne che si sono sempre rimboccate le maniche e che mi hanno trasmesso l’idea dell’indipendenza e della parità. Ho sempre definito mia madre una “femminista gentile”, perché mi dava i libri, mi spiegava, mi parlava.

Non rientra nella mia educazione comprendere come possa essere ideologico riunirsi e insultare le persone, a prescindere da ciò che sono o fanno. È un tempo molto violento: io non ce l’avrei il tempo di stare a insultare. Non ci arrivo. E non credo ci sia nulla di femminista in questo».

Il nuovo tour nei palazzetti

Con l’uscita di “G“, Giorgia si prepara anche a un nuovo tour nei palazzetti, in partenza a dicembre. Ma quando qualcuno le chiede se sogni gli stadi, risponde senza esitazioni: «Chi lavora con me da tanto mi chiede: “Ma tu perché non hai questa ambizione?” In realtà non è che non ci abbia mai pensato… ma non mi viene naturale. Forse ne farei uno, due, tre e poi basta.

Il bello del tour, per me, è un altro: inizi in un modo, poi fai le date, ti lamenti – perché ti lamenti sempre (ride) – viaggi di notte, mangi male, ti senti morire… insomma, la vita da tour! Ma poi arriva quel momento magico: l’incontro con il pubblico, ogni volta in una città diversa. Fare uno o due stadi sarebbe sicuramente un’emozione fortissima. Quando sono stata ospite di Elisa è stato pazzesco, un altro tipo di emozione, davvero intensa. Però non è qualcosa che desidero in modo particolare. Non è quello che mi realizza.

In realtà sogno di tornare nei club: l’ho detto e mi sa che qualcuno è svenuto (ride). È una cosa che ripeto da tanto: mi piacerebbe rifare un giro nei posti dove ho iniziato. Ma non è ancora il momento… scherzo, eh! Nove mesi di club, cento club, sempre lo stesso palco: pensa che follia!».

di Federico Arduini

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