Giuseppe Maggio: “La sfida è migliorarsi: la gara deve essere solo con te stesso”
Tra i protagonisti della nuova serie Netflix “Mrs Playmen” c’è anche Giuseppe Maggio, con cui abbiamo scambiato quattro chiacchiere: “Raccontiamo un mondo in piena trasformazione”
Giuseppe Maggio: “La sfida è migliorarsi: la gara deve essere solo con te stesso”
Tra i protagonisti della nuova serie Netflix “Mrs Playmen” c’è anche Giuseppe Maggio, con cui abbiamo scambiato quattro chiacchiere: “Raccontiamo un mondo in piena trasformazione”
Giuseppe Maggio: “La sfida è migliorarsi: la gara deve essere solo con te stesso”
Tra i protagonisti della nuova serie Netflix “Mrs Playmen” c’è anche Giuseppe Maggio, con cui abbiamo scambiato quattro chiacchiere: “Raccontiamo un mondo in piena trasformazione”
Anni ’70, l’Italia sta cambiando. Le strade pulsano di musica e moda, e nelle case degli italiani comincia a farsi strada un vento di libertà e provocazione. È in questo scenario che nasce Playmen, la prima rivista di nudo italiana, capace di scuotere il costume e aprire dibattiti che oggi sembrano lontani, ma che allora erano radicali e scandalosi. Oggi, a quasi cinquant’anni di distanza, Netflix racconta quella storia con una nuova serie da sette episodi, “Mrs Playmen”. Tra i protagonisti c’è Giuseppe Maggio, attore pronto a portare sullo schermo non solo un personaggio, quello di Luigi, ma anche lo spirito di un’epoca. Seduto di fronte a noi, racconta il fascino e la complessità di un periodo in cui ogni gesto, ogni immagine e ogni scelta editoriale aveva il potere di fare scandalo: “È stato molto stimolante. Raccontiamo un mondo in piena trasformazione che voleva rompere con il passato e con certi costumi forse troppo rigidi. In quegli anni, in Italia, la concezione della sessualità, dei rapporti familiari e dell’inclusione era ancora chiusa. Si viveva un momento di transizione profonda, visibile sia nel pensiero critico sia nell’estetica e nei costumi: capelli più lunghi, abiti meno formali, giacche di pelle, camicie sbottonate, musica e linguaggio nuovi. Il mio personaggio si inserisce perfettamente in questo contesto: è un ragazzo di vita, pasoliniano, cresciuto in borgata, che conosce la strada e la difficoltà di sopravvivere. Luigi è disposto quasi a tutto pur di emergere, ma conserva una grande fragilità interna, una dicotomia tra desideri contrastanti. È un personaggio bisessuale, cosa impensabile per l’epoca e vive questa sua natura con grande libertà e fedeltà verso sé stesso”.

Vestire i panni del personaggio è stato facilitato da alcuni tratti in comune, come ci ha raccontato Giuseppe: “La voglia di uscire dalla zona di comfort. Luigi osa, rischia per realizzare i propri sogni e in questo mi ci ritrovo. La differenza è che lui a volte supera anche certi limiti etici pur di raggiungere il suo obiettivo, mentre io credo si possa riuscire senza danneggiare gli altri. È un insegnamento che, nel corso della storia, anche Luigi finirà per comprendere”. Eppure, si parla spesso del mondo del cinema come un universo molto competitivo: “Lo sgomitare esiste, ma l’errore è concentrare troppe energie sugli altri invece che su séstessi. Se le usi per migliorarti, la “gara” diventa solo con te stesso. Spesso ci lasciamo ingannare dalle apparenze: vediamo la felicità altrui sui social, ma non conosciamo la realtà dietro una foto. Magari quella persona è sola o infelice. Meglio focalizzarsi su di sé, sul proprio percorso, piuttosto che alimentare invidia o confronto. È un antidoto a quella logica del “mors tua, vita mea” che purtroppo è insita nell’essere umano”.
Nonostante la giovane età, Giuseppe ha quindici anni di carriera alle spalle, tra cinema, teatro e tv, un romanzo scritto e diverse esperienze all’estero. Impossibile non chiedergli quali differenze ha trovato nel modo di lavorare, tra Spagna e Francia, rispetto all’Italia: “Soprattutto in Francia ho percepito un grande senso di appartenenza. Tutti, dagli attori ai tecnici, si sentono parte di un’unica famiglia, quella del cinema. Il sistema francese sostiene i propri artisti anche quando vanno all’estero. In Italia, purtroppo, succede il contrario: spesso chi ha successo fuori viene criticato o guardato con sospetto. È un atteggiamento che si riflette in tutti i settori, non solo nel cinema. Pensiamo a Sinner: ha portato l’Italia a vincere a Wimbledon; eppure, è stato criticato per le sue scelte personali. Invece di essere orgogliosi dei nostri talenti, li giudichiamo. All’estero, invece, vedono l’Italia come sinonimo di eccellenza. Noi facciamo più fatica a riconoscerlo”. E sui sogni nel cassetto, Giuseppe non ha dubbi: “Mi piacerebbe lavorare con uno dei grandi registi del nostro cinema, come Sorrentino, per capire fin dove posso spingermi come attore. Non è tanto la collaborazione in sé, quanto la possibilità di superare i miei limiti e scoprire nuove parti di me. So quello che so fare: ora voglio scoprire cosa non so ancora fare”.
di Federico Arduini
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