Il pop è una cosa seria, parla il musicista e produttore Geoff Westley
Musicista e produttore, Geoff Westley è certamente una pietra miliare della musica: dalle collaborazioni con Battisti e Mogol a Baglioni, si racconta a La Ragione
Il pop è una cosa seria, parla il musicista e produttore Geoff Westley
Musicista e produttore, Geoff Westley è certamente una pietra miliare della musica: dalle collaborazioni con Battisti e Mogol a Baglioni, si racconta a La Ragione
Il pop è una cosa seria, parla il musicista e produttore Geoff Westley
Musicista e produttore, Geoff Westley è certamente una pietra miliare della musica: dalle collaborazioni con Battisti e Mogol a Baglioni, si racconta a La Ragione
Musicista e produttore, Geoff Westley è certamente una pietra miliare della musica: dalle collaborazioni con Battisti e Mogol a Baglioni, si racconta a La Ragione
L’amore per la musica è nato quando era ancora bambino e, dalla sua stanza, sentiva sua madre suonare Bach al pianoforte. Poi gli studi al Royal College of Music di Londra, l’approdo sui palchi del West End (dove a soli 23 anni dirige “Jesus Christ Superstar”) e infine la carriera di produttore e arrangiatore di alcuni dei più grandi artisti degli ultimi sessant’anni.
Questo breve identikit non restituisce in pieno l’importanza che la figura di Geoff Westley ha avuto nel panorama musicale. Con l’Italia nel cuore, dando vita a collaborazioni che hanno fatto epoca. «La formazione classica mi ha aiutato ad avere una certa disciplina. Lo studio di registrazione per me è un luogo sacro. Di contro ho sempre apprezzato la libertà creativa che la musica pop concede» ci racconta. «Il pop è una cosa molto seria, nonostante quello che si possa pensare. Ecco, la fusione di questi due elementi – disciplina e libertà creativa – è sempre stata presente nei miei lavori».
L’incontro che segna la nascita dell’amore per l’Italia è datato 1978, quando Lucio Battisti lo chiama per produrre il suo 13esimo album “Una donna per amico”. L’esperienza porta alla genesi di un disco che, alle nostre latitudini, segna uno spartiacque fra il passato e il futuro: «In realtà all’epoca non cercammo una sonorità particolare. Quello che ha reso quel lavoro così particolare è stato frutto della straordinaria alchimia che si è creata fra i musicisti che avevo scelto. Ma l’anima di quel lavoro già c’era. Lucio peraltro ti lasciava grande libertà di espressione. Ho imparato molto anche da Mogol: mi diceva sempre che l’unica motivazione per fare musica è dare voce a delle emozioni che tocchino il cuore di chi ascolta. Ed è una regola che ho sempre cercato di seguire».
L’accoppiata con Battisti si sarebbe ripetuta anche nel successivo “Una giornata uggiosa” del 1980, anno nel quale Westley collabora con un altro grande della nostra canzone: Claudio Baglioni. Un sodalizio, quest’ultimo, che dura da oltre quarant’anni e che ha portato i due a lavorare insieme anche durante le edizioni del Festival di Sanremo condotte dall’artista romano: «Ho conosciuto Claudio mentre realizzavamo “Strada facendo”. Aveva un approccio meticoloso che conserva ancora oggi: dopo nove mesi che stavamo lavorando a quell’album continuava a cambiare qualcosa, magari una parola nei testi, un suono, alla costante ricerca della perfezione. A qualcuno potrà sembrare un comportamento maniacale, ma è innegabile che i risultati gli hanno dato ragione».
Accanto alle collaborazioni con altri grandi della nostra musica (da Renato Zero a Laura Pausini) e con i nomi più importanti della scena internazionale (dai Bee Gees a Phil Collins), Westley ha mantenuto intatto il suo amore per la musica sinfonica, lavorando con la London Symphony Orchestra, la Royal Philarmonic e altri importanti ensemble in Europa. Ora è in tour con il suo “Piano Solo Project”, uno show che lunedì prossimo farà tappa all’Alexanderplatz di Roma e nel quale il musicista è sul palco, con il solo accompagnamento del pianoforte, per eseguire brani dal suo repertorio: «Una cosa che non mi è mai piaciuta della musica classica è l’assenza di interazione. Io invece dalla mia esperienza con il pop ho portato il piacere di parlare alla gente, di suonare qualcosa di estremamente curato ma che può assumere ogni sera una forma diversa anche in funzione del pubblico che hai di fronte». E questa probabilmente è la più grande magia che la musica può creare.
di Stefano Faina e Silvio Napolitano
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