L’innovativo progetto AleottiLab: ne parla il fondatore Alessandro Aleotti
Una struttura pensata per far riflettere sulle trasformazioni e implementare progetti innovativi: è questo AleottiLab e ne parliamo con il fondatore Alessandro Aleotti
L’innovativo progetto AleottiLab: ne parla il fondatore Alessandro Aleotti
Una struttura pensata per far riflettere sulle trasformazioni e implementare progetti innovativi: è questo AleottiLab e ne parliamo con il fondatore Alessandro Aleotti
L’innovativo progetto AleottiLab: ne parla il fondatore Alessandro Aleotti
Una struttura pensata per far riflettere sulle trasformazioni e implementare progetti innovativi: è questo AleottiLab e ne parliamo con il fondatore Alessandro Aleotti
Una struttura pensata per far riflettere sulle trasformazioni e implementare progetti innovativi: è questo AleottiLab e ne parliamo con il fondatore Alessandro Aleotti
Alessandro Aleotti è indubbiamente una delle figure intellettuali più attive del panorama milanese. Fondatore di aziende tecnologiche, giornali e progetti calcistici, ha da poco dato vita a una nuova creatura per pensare, capire e innovare: AleottiLab, una struttura pensata per far riflettere sulle trasformazioni e implementare progetti innovativi. «Era tempo di dedicarmi ad approfondire alcune tematiche che mi stanno a cuore attraverso una realizzazione non ancorata a logiche economiche, politiche o di consenso: un impegno civile non bardato di tutte quelle convenzioni francamente insopportabili, ma nemmeno interessato al circuito politico mediatico, che considero del tutto sovrastrutturale» ci confida Aleotti circa le motivazioni che l’hanno spinto a fondare questo nuovo progetto.
AleottiLab si divide in tre macro-tematiche: la prima dedicata alla città di Milano; la seconda ispirata al rapporto tra piacere e dovere per mezzo dello sport; la terza – dal profondo taglio filosofico – legata al teatro. «Nel progetto su Milano abbiamo riunito una serie di intellettuali fortemente indipendenti, scollegati dai circuiti politici, pubblici e mediatici, per riflettere sulle dimensioni invisibili della città. E con l’invisibilità non alludo al solito cliché un po’ pauperista degli esclusi, bensì alle comunità emergenti che alimentano i tessuti vitali della città, che ancora l’opinione pubblica fatica a riconoscere» spiega Aleotti.
Il primo evento, che si terrà a Milano a settembre, avrà come tema “La supremazia del femminile” e racconterà alcune storie paradigmatiche di donne che svolgono funzioni che arricchiscono il tessuto sociale e civile della città: «Cercheremo di portare una serie di incontri su aspetti verso cui il discorso pubblico è un po’ disattento, leggendo anche in maniera diversa certi fenomeni. Per esempio, vengono giudicati molto negativamente i giovani che non lavorano e non studiano. Tuttavia potrebbe essere che fra questi giovani ci siano anche ragazzi che stanno sperimentando meccanismi autonomi facendo cose interessanti. Riconoscerlo permetterebbe alla città di creare capitale creativo, fecondo» ragiona Aleotti. «Abbiamo l’esempio della Berlino degli anni Novanta, con scelte amministrative intelligenti circa l’idea di non fare solo sviluppo immobiliare nella vecchia Berlino Est, ma lasciare una bella fetta di città a giovani che abbiano un progetto e la necessità di filiere a basso costo per poterlo realizzare».
L’altro filone di AleottiLab cerca d’indagare se il piacere possa diventare in qualche modo una forma di vita: «È possibile utilizzare le prassi spontanee del piacere per inserirsi nelle logiche in qualche modo più ortodosse del dovere? Per indagare su questo punto abbiamo dato vita a un progetto utilizzando il basket, che più di ogni altro sport è caratterizzato da una forte distinzione tra la dinamica spontanea dei playground – dove si cerca il gesto atletico, spettacolare, in chiave un po’ anche individualista – e quella di squadra, integralmente governata da una logica di schemi. Abbiamo quindi fatto un recruiting dei migliori fenomeni dei campetti milanesi e costituito una società che parteciperà ai campionati ufficiali. E vedremo l’effetto che fa…».
Il terzo e ultimo filone si collega a un lungo lavoro di ricerca dal profondo valore filosofico che da oltre trent’anni Alessandro Aleotti sta portando avanti. Un discorso imperniato sui concetti di disincanto e rivolta individuale: «Ho scelto di affidare a un testo teatrale più di 30 anni di ricerca. Non ho mai voluto che rappresentasse la mia identità esteriore, non essendomi mai messo a fare l’evangelista di un punto di vista filosofico, ma ho sempre portato avanti la mia vita cercando di utilizzare quell’approccio. Ora metteremo in scena un testo che spero riesca a comunicare il mio modo di vedere le cose ancora più chiaramente di quanto fatto in passato tramite una mostra e un libro».
di Federico Arduini
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