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Il ragazzo che sogna ancora, parla Roberto Vecchioni

Intervista a Roberto Vecchioni, l’eterno ragazzo della canzone italiana: “La mia diversità più bella? La mia eterna passione per la cultura”

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Era il 1999 quando “Sogna, ragazzo, sogna” del cantautore Roberto Vecchioni entrò a pieno titolo nella classifica delle canzoni più belle della musica italiana. Raccontò anni dopo di averla scritta la notte prima di dire addio definitivamente al ruolo di professore nei licei. Di quel momento disse: “È stata una ferita ma anche un momento bellissimo: l’ultimo giorno ho portato la chitarra, ho cantato la canzone ai miei ragazzi e tutti si sono commossi”.

Dopo 25 anni, quel pezzo resiste come un testamento generazionale (tanto da essere scelta e cantata con il maestro lo scorso Sanremo dal 23enne Alfa nella serata duetti). Anche oggi che per Roberto Vecchioni, 81 anni tra pochi giorni e una vita di successi e dolori in egual misura, è arrivata l’età della saggezza.

Ma i sogni, a quanto pare, restano. Per questo non è mancata la sua presenza al Teatro Gaber di Milano accanto alla figlia Francesca alla nona edizione dei Diversity Awards, gli Oscar dell’Inclusione (di cui sua figlia è ideatrice e presidente) nati per premiare contenuti mediali e personaggi che contribuiscono ad una rappresentazione inclusiva delle persone e dei temi per Genere, Età, Etnia, Disabilità e tematiche LGBT+.

Una autentica festa della diversità, trasmessa in seconda serata su Rai1, ma soprattutto un invito a cambiare la narrazione normalmente accettata e rispettare le unicità. Come ha fatto Roberto Vecchioni accettando con assoluta serenità il coming out della figlia o mostrandosi pubblicamente in lacrime su La7 con una dura condanna alle violente reazioni della Polizia contro gli studenti universitari nel corteo pro-Palestina di Pisa.

Di padre in figlio, la remissività non è di casa. Alla domanda su cosa possa fare di tangibile e nel quotidiano per cambiare le cose, Vecchioni risponde: “Cambiare completamente la testa di gente che sta ferma, che non osa spostarsi di un attimo o che non capisce l’altro che gli è vicino è quasi impossibile. L’unica cosa da fare” ci spiega “è agire come si pensa: continuare anche davanti agli ostacoli più difficili”.

Non un invito alla coerenza ma alla giustezza: “Non è tanto importante quella perché si può cambiare idea nella vita, ma piuttosto agire secondo giustezza. Forse tra chi vi osserverà ci sarà qualcuno che riuscirà a cambiare. Bisogna almeno provarci”.

Gli chiediamo quale sia la sua diversità preferita, quella a cui si sente più legato e che non cambierebbe per niente al mondo: “Oh, questa è una bella domanda! Ne ho tante. Per esempio, non ho mai voluto cambiare la mia passione per la cultura, la mia voglia di conoscere cose nuove. Soprattutto, il desiderio di ascoltare persone più intelligenti di me. Non posso mai pensare di abbandonare questa mia ‘diversità’: se mi tolgono la cultura, mi tolgono il 50%-60% della mia vita”.

A chiudere il cerchio, i sogni di quel ragazzo da lui cantato anni fa ritornano nelle sue parole con la stessa spinta emotiva e lucidità. Ci torna in mente la strofa conclusiva di quel capolavoro: “Più basso è il punto di partenza, più alta è la salita. Ma spero che il panorama valga tutta ‘sta fatica. Se mi guardo attorno penso che son fortunato. Non so chi ha creato il mondo ma so che era innamorato”.

di Raffaela Mercurio

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