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“In università non si boicotta”, parla il rettore del Politecnico Donatella Sciuto

Intervista all’ingegner Donatella Sciuto, rettore dell’Università Politecnico di Milano, sulle vicende attuali di boicottaggio di Israele, donne e Stem e pensiero libero

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È un’occasione ascoltare il rettore del Politecnico di Milano, l’ingegner Donatella Sciuto, in giorni di proteste che sembrano mettere in discussione il ruolo dell’istituzione universitaria come luogo di confronto, sviluppo e tolleranza.

Inevitabile partire dalle numerose richieste di interruzione dei rapporti con gli atenei israeliani, se non di boicottaggio di Israele: «La nostra posizione, in quanto ateneo pubblico, rispetta quella della Conferenza dei rettori» sottolinea Sciuto. «È unanime l’opinione che le università siano luoghi di pensiero libero, non di violenza. Quello che stiamo attraversando è un momento storico delicato e teso, non possiamo permettere che si rompa l’equilibrio fra la libertà di pensiero e di parola e il diritto al dissenso. Questo però non deve mai sfociare in sopruso, in prevaricazione né tantomeno nell’uso della forza o nella repressione. La diversità è un fattore fondamentale: quando abbiamo aperto la sezione inglese agli stranieri abbiamo aperto il mondo al Politecnico. È utile a evitare gli stereotipi, chi è ebreo o musulmano non è brutto e cattivo. Se conosci il tuo vicino qualcosa imparerai. Sempre».

Insomma, in una università non si boicotta e non si toglie la parola a nessuno e, per dirla tutta, non si dovrebbe nemmeno pensare di farlo. Donatella Sciuto è a capo di una delle poche università italiane in grado di giocarsela con i grandi atenei stranieri, prima donna a guidare la prestigiosa università fondata a Milano nel 1863. Un primato che la inorgoglisce senza eccessi e la spinge a chiarire con indifferenza come chiamarla: «Non vivo con particolare sentimento l’essere la prima donna in questo ruolo, forse perché semplicemente troppo impegnata a ricoprirlo. Sono la faccia del Politecnico e questa è la vera, grande responsabilità. Quanto alla questione di genere, non mi sono mai appassionata al lessico. “Rettrice” o “rettore” è la stessa cosa».

Sciuto approfitta dell’argomento, assurto agli onori della cronaca grazie alle indicazioni lessicali di altre università, per porre l’accento su quello che sente come il vero tema: la difficoltà nell’indirizzare le ragazze alle facoltà scientifiche. «Abbiamo ancora tanto da fare. A cominciare da casa, perché in tutte le ricerche si evince che la scelta dell’università viene dalla famiglia. Molte ragazze mi hanno detto che i loro genitori erano contrari alle facoltà Stem (scientifiche, matematiche e tecnologiche). Ancora oggi siamo lì… È uno dei motivi per cui abbiamo avviato l’iniziativa “Girls at Polimi, anche se a volte è più un problema di percezione. È vero, infatti, che di ragazze ce ne sono poche a Ingegneria elettrica e che in quella aerospaziale sono meno del 20%, ma in Ingegneria biomedica sono più dei maschi. Tutte le professioni ingegneristiche hanno un impatto sulla società di oggi e se una/uno ha quella passione deve assolutamente perseguirla. Se fai Ingegneria (ascoltandola si ‘sente’ l’orgoglio dell’ingegnere, prima ancora di quello della professoressa e del rettore, ndr.) hai il vantaggio di sapere che questa professione è sempre spendibile. Ci sono l’ambiente, l’energia, la mobilità. Anche il cibo è legato alle tecnologie».

In Italia ci occupiamo poco di formazione… «Forse perché non porta voti?» ci interrompe Sciuto, accompagnando le parole con una smorfia . «In tanti non s’iscrivono neppure, nonostante di atenei ormai ce ne siano ovunque. Se faccio l’influencer guadagno di più: a passare è stato questo bel messaggio. La verità è che se si smette di studiare a 19 anni manca una visione di futuro».

La sintesi è sconfortante: pochi laureati, ancor meno donne laureate in materie Stem e ultimi in Europa fra le donne che lavorano: «Non ce lo possiamo permettere, altrimenti andremo verso la deindustrializzazione. Ecco perché chiedo alle famiglie di far sì che i loro figli studino, qualsiasi cosa ma studino. Oggi formarsi dura tutta la vita, altrimenti resti fuori oppure fai lavori poco stimolanti che non richiedono competenze».

E per Donatella Sciuto questo significa studiare in università, che resta una scuola di vita. «Per me è un fattore fondamentale frequentare e ‘respirare’ l’università, con tutto il rispetto per quelle telematiche. A tal proposito, farei tranquillamente a meno del valore legale del titolo di studio, che finisce per appiattire i luoghi di formazione e serve soltanto nei concorsi pubblici».

di Fulvio Giuliani

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