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Essere donna senza etichette, parla Yvonne Sciò

Dalla pubblicità al cinema fino alla regia di documentari sul variegato universo femminile: intervista a Yvonne Sciò

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Essere donna senza etichette, parla Yvonne Sciò

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Essere donna senza etichette, parla Yvonne Sciò

Dalla pubblicità al cinema fino alla regia di documentari sul variegato universo femminile: intervista a Yvonne Sciò

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Dalla pubblicità al cinema fino alla regia di documentari sul variegato universo femminile: intervista a Yvonne Sciò

Yvonne Sciò non ha mai amato le etichette che l’avrebbero voluta solo una meteora degli spot anni ’80 o una delle ragazze di “Non è la Rai”. Una vita divisa tra Italia e States, la sua carriera di attrice si è evoluta oggi in quella di regista di documentari incentrati sul variegato universo femminile: da Roxanne Lowit Magic Moments sulla vita della famosa fotografa Roxanne Lowit a Seven Women dedicato al racconto intimo di sette donne straordinarie del giornalismo, dell’arte e della moda.

Tra le protagoniste del Pop Corn Festival del Corto svoltosi il mese scorso a Porto Santo Stefano, ci racconta di un’evoluzione quasi naturale: “Non è una cosa che avevo prefissato ma la vita riesce sempre a portarti nella direzione in cui vuoi andare”, ci racconta. “Ho notato che tutto mi veniva istintivo: sapevo dove mettere la camera, cosa desideravo raccontare e far dire alle protagoniste. Ovviamente ogni lavoro è difficile ma al contempo anche istintivo”.

Come per altri colleghi, ottenere credibilità in un mondo dello spettacolo a volte troppo schematico non è stato semplice: “Capita a tanti e non solo perché sono donna. Il parere esterno è importante anche se a volte i pregiudizi fanno vedere solo ciò che si vuole. Per me, comunque, ciò che conta davvero è solo fare bene il mio lavoro”, spiega la Sciò.


Accadde lo stesso anche nel 1992, quando esordì sul grande schermo con Carlo Verdone né “La casa di Alice” dopo la notorietà ottenuta nei panni di un’adolescente innamorata del celebre spot della SIP (ricorderete “Mi ami? Ma quanto mi ami?/ E mi pensi? Ma quanto mi pensi?”). Un vero spartiacque: “Lavorare con Carlo Verdone insieme a Francesca e Ornella Muti è stata un’esperienza nuova per me. Ne conservo un ricordo speciale e non mi sento tanto diversa, nel cuore e nell’animo, da quella giovane piena di sogni”.

L’esperienza di Non è la Rai dell’indimenticato Gianni Boncompagni poi, è servita senz’altro a capire le priorità: “All’epoca non mi resi conto di star partecipando ad un programma che sarebbe diventato un cult. Certo, ero conscia della popolarità ma comunque non era mai stata un obiettivo”. Quando le chiediamo cosa sia cambiato secondo lei oggi, Yvonne Sciò punta tutto sul mestiere: “I giovani d’oggi ambiscono al successo come fine e non come mezzo, senza passione e senza studio. Se mia figlia di 16 anni mi dicesse di voler partecipare ad un programma tv oggi? Non so, forse le direi comunque di sì, ma come esperienza per imparare e costruire col tempo qualcosa di concreto. Bisogna avere delle basi forti per sopravvivere nel mondo dello spettacolo”.

Oggi Yvonne Sciò ha smesso di rimbalzare da un posto all’altro e scelto Los Angeles come casa base, almeno per ora. “Chi vive di questo magico lavoro credo si senta spesso nomade, in ogni luogo si creano nidi e punti di riferimento come per me è stato con Los Angeles. Adoro l’idea che tutti, donne in primis, qui possano evolversi senza limiti nel lavoro”. Ma dell’Italia, restano alcune caratteristiche inequivocabili, come la scaramanzia. “Il prossimo progetto? Preferisco non svelare troppo, anche se parlerà ancora di donne e delle loro straordinarie capacità”, conclude Sciò.

di Raffaela Mercurio

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