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Il mio cinema pone domande, parla il regista Ruben Östlund

Provocatorio, pungente, fuori dagli schemi. Ruben Östlund è indiscutibilmente uno degli autori più importanti del cinema contemporaneo

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Il mio cinema pone domande, parla il regista Ruben Östlund

Provocatorio, pungente, fuori dagli schemi. Ruben Östlund è indiscutibilmente uno degli autori più importanti del cinema contemporaneo

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Il mio cinema pone domande, parla il regista Ruben Östlund

Provocatorio, pungente, fuori dagli schemi. Ruben Östlund è indiscutibilmente uno degli autori più importanti del cinema contemporaneo

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Provocatorio, pungente, fuori dagli schemi. Ruben Östlund è indiscutibilmente uno degli autori più importanti del cinema contemporaneo

Provocatorio, pungente, fuori dagli schemi. Ruben Östlund è indiscutibilmente uno degli autori più importanti del cinema contemporaneo, capace di stimolare discussioni attraverso la macchina da presa e di trattare temi complessi con un’originalità disarmante. Grande protagonista della 20esima edizione del Lucca Film Festival (dove ha ricevuto il Golden Panther Award), il 50enne regista svedese ha già ottenuto due Palme d’oro al Festival di Cannes: nel 2017 con “The Square”, puntuta quanto cinica riflessione sulla società e sull’arte contemporanea, e nel 2022 con “Triangle of Sadness”, che indaga le dinamiche di classe attraverso una lente deformante che raggela lo spettatore.

Destinato a competere alla prossima edizione di Cannes, il nuovo film di Östlund si intitolerà “The Entertainment System is Down”: un cast ricco di star (tra gli altri Daniel Bruhl, Kirsten Dunst, Keanu Reeves, Vincent Lindon e Joel Eggerton) per una storia destinata ancora una volta a dividere. Tutto si svolge all’interno di un volo Londra-Sydney: a un certo punto tutti i sistemi elettronici nell’aereo smettono di funzionare e le persone non possono più guardare film o giocare con tablet e cellulari. Subentra il panico, con risultati drammatici.

Un’opera impegnata ma allo stesso tempo destinata a divertire. Uno dei pregi del cinema di Östlund è saper dosare gli ingredienti: «Penso che sia legato al temperamento e all’atteggiamento che si ha come essere umano. Se mantieni un minimo di distanza dalla vita, puoi ridere di quasi qualsiasi cosa. L’aspetto politico di ciò è ovviamente qualcosa di serio, quindi è necessario prendere la vita giudiziosamente in un certo senso per raggiungere la serietà e l’aspetto politico dell’espressione nei film» ci racconta il cineasta di Göteborg.

Qualche tempo fa, in un’intervista al “The Guardian”, Östlund ha parlato del potere del cinema e del suo impatto sulla società, tanto da chiedere fra il serio e il faceto la regolamentazione dell’utilizzo delle macchine da presa – una sorta di ‘diploma’ – soprattutto da quando il rapporto delle persone con gli schermi è diventato quotidiano. Considerando tutto quello che sta accadendo nel mondo, gli chiediamo se è ancora d’accordo o meno con quella provocazione: «Non penso sarebbe difficile ottenere una licenza di questo tipo» ironizza il regista di “Forza Maggiore”. «Quello su cui volevo richiamare l’attenzione è il fatto che la cinepresa ha un impatto molto più grande su di noi e sul nostro comportamento di quanto si sia effettivamente mai pensato. Quindi sì, era sicuramente una provocazione, ma penso comunque che sarebbe una buona cosa insegnare nelle scuole di cinema, oltre alle tecniche, anche i metodi di manipolazione della ‘camera’ e il tipo di impatto che i film hanno su di noi. E alla fine assegnare una sorta di licenza, proprio come accade alle scuole elementari».

Östlund non fa parte del clan dei registi del politically correct, questo è lapalissiano. Ma c’è un aspetto che va tenuto in considerazione: «Non penso che il politicamente corretto sia in sé un problema, che invece potrebbe esserci in caso di reazione al fatto che i nostri pensieri non sono politicamente corretti. Al giorno d’oggi sembra difficile essere tolleranti verso un’opinione che non rientra nei canoni comuni, diversa dal sentire comune. Almeno questa è la mia impressione, non sono sicuro che sia effettivamente così. Sia chiaro: non è un problema che il cinema possa essere politicamente corretto, sebbene non sia un aspetto di mio interesse, poiché io sono interessato a un cinema che susciti una riflessione, che mi costringa a pormi delle domande».

Da Federico Fellini a Pier Paolo Pasolini, sono molti i registi italiani che hanno lasciato il segno nel cuore di Östlund: «Amo il cinema italiano, a volte penso che forse gli italiani non siano effettivamente consci dell’influenza di certi loro autori nella storia del cinema. Anche nel mio caso ha avuto un grande impatto. Mi è piaciuto molto “Ci eravamo tanto amati” di Ettore Scola: l’ho riguardato un paio di settimane fa con le mie figlie che hanno 22 anni e stanno studiando cinema ed è piaciuto tantissimo anche a loro. Nei film italiani c’è una sorta di giocosità ma fatta con intelligenza, basti pensare a “La Dolce Vita” di Fellini e oggi al cinema di Paolo Sorrentino».

di Massimo Balsamo

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