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Martina Caironi

Lascio e raddoppio l’impegno, parla Martina Caironi

Dopo tre ori, quattro argenti olimpici e un record del mondo, l’atleta paralimpica lascia le competizioni sportive ma non lo sport e lancia un appello al governo

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Lascio e raddoppio l’impegno, parla Martina Caironi

Dopo tre ori, quattro argenti olimpici e un record del mondo, l’atleta paralimpica lascia le competizioni sportive ma non lo sport e lancia un appello al governo

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Lascio e raddoppio l’impegno, parla Martina Caironi

Dopo tre ori, quattro argenti olimpici e un record del mondo, l’atleta paralimpica lascia le competizioni sportive ma non lo sport e lancia un appello al governo

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Dopo tre ori, quattro argenti olimpici e un record del mondo, l’atleta paralimpica lascia le competizioni sportive ma non lo sport e lancia un appello al governo

Dopo tre ori, quattro argenti olimpici e un record del mondo diventa più facile anche dire basta: «La Paralimpiade di Parigi è stata la mia ultima competizione, ma sono serena. È una scelta su cui ho riflettuto per tanto tempo. L’ho semplicemente presa nel momento più opportuno, quindi alla fine» Martina Caironi, 35 anni compiuti da poco, stella dello sport paralimpico internazionale, ha deciso di lasciare mantenendo intatta la sua immagine di sportiva vincente. Ha tenuto lontana l’ombra dell’inevitabile declino atletico che già iniziava a lanciare segnali: «Gli ultimi anni sono stati parecchio impegnativi dal punto di vista fisico, ho avuto diversi infortuni» ci racconta. «Per come sono fatta io, non voglio gareggiare solo per partecipare ma per essere competitiva e ambire a un posto importante, perché ho sempre avuto uno standard alto. Il mio obiettivo era quello di concludere in bellezza». E ci è riuscita, vincendo a Parigi l’ennesimo oro della sua carriera nella specialità della casa: i 100 metri nella categoria T63 (quella che comprende gli atleti con una gamba amputata sopra il ginocchio). Ora non si torna indietro, ma non c’è rimpianto: «So già che più passerà il tempo e più mi mancherà, ma è una scelta che ho preso io prima che fosse il mio fisico a impormi di farlo. Non si vorrebbe mai dire basta, ma ho vinto tanto, dato tanto e ricevuto tanto. Posso definirmi appagata al cento per cento». E ora? «Non lascio lo sport, anzi. Ho molti progetti da portare avanti». In testa c’è l’Olimpiade di Milano Cortina in programma nel 2026: «Mi piacerebbe avere un ruolo e sto cercando di capire insieme agli organizzatori quale potrebbe essere. Intanto mi sono portata avanti e mi sono candidata come rappresentante degli atleti nel Comitato paralimpico internazionale, di cui già facevo parte e per il quale sono stata votata ancora. Non mi sono fatta mancare nemmeno la nomina a rappresentante degli atleti nella Federazione internazionale di World Para Athletics. E tutte queste sono attività che svolgo a livello gratuito. È un modo per restituire al mondo sportivo quello che mi ha dato e allo stesso tempo per mantenere contatti e crearmi un futuro oltre Milano Cortina». Da quando Caironi ne fa parte, il sistema paralimpico ha fatto passi da gigante: «Ho toccato con mano l’evoluzione di questo mondo. L’edizione delle Paralimpiadi del 2012, in cui vinsi per la prima volta, fu per esempio anche la prima in cui vennero retribuite le vittorie delle medaglie. Quindi io partivo già da un buon livello. Ma è stato necessario aspettare altri dieci anni per permettere agli atleti paralimpici di entrare ufficialmente nei corpi sportivi dello Stato. E quella è stata una svolta epocale». Però c’è bisogno di fare altro: «Per esempio iniziare a concepire lo sport paralimpico come professionistico e quindi trovare un modo per formare e poi retribuire gli allenatori». Ma non solo. Caironi lancia un appello al governo: «Bisogna investire più soldi per i bambini, seguendo un modello efficace come quello della Germania. Lì i bambini in età scolare hanno diritto a protesi gratuite, non solo per camminare ma anche per praticare sport».

Pensa che verrà ascoltata? «Non lo so, ma intanto ci stiamo organizzando per portare in Parlamento la nostra testimonianza».

Di Giacomo Chiuchiolo

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