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Ligabue e “La Notte di Certe Notti”: “Campovolo è il posto delle feste”. E su Gaza: “L’orrore e l’indignazione sono forti”

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Abbiamo incontro Luciano Ligabue a qualche ora dall’inizio de “La Notte di Certe Notti”. Ecco cosa ci ha raccontato

Ligabue

Ligabue e “La Notte di Certe Notti”: “Campovolo è il posto delle feste”. E su Gaza: “L’orrore e l’indignazione sono forti”

Abbiamo incontro Luciano Ligabue a qualche ora dall’inizio de “La Notte di Certe Notti”. Ecco cosa ci ha raccontato

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Ligabue e “La Notte di Certe Notti”: “Campovolo è il posto delle feste”. E su Gaza: “L’orrore e l’indignazione sono forti”

Abbiamo incontro Luciano Ligabue a qualche ora dall’inizio de “La Notte di Certe Notti”. Ecco cosa ci ha raccontato

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Campovolo ci è sfuggito dalle mani dall’inizio. Tornando a 20 anni fa ci servimmo di due agenzie per fare una roba così. Nessuno poteva pensare a così tanta gente. Ci venne suggerito la cosa dei 4 palchi che non funzionò, l’intenzione era buona… Poi, se nessuno lo aveva fatto, un motivo c’era… ‘Urlando contro il cielo’ in chiusura di quel concerto lo ricordo molto bene”. 

Non nasconde l’emozione Luciano Ligabue, mentre ripercorre quei momenti che hanno segnato la storia della musica live in Italia. Lo incontriamo poche ore prima de La notte di Certe Notti, il grande evento celebrativo a Campovolo per i 30 anni della sua celebre canzone, e la sua voce tradisce un misto di nostalgia e gratitudine. Ci racconta di quel primo, epico appuntamento con Campovolo e di come ogni volta, da allora, quel prato abbia continuato a restituirgli molto più di quanto avrebbe mai potuto immaginare. Eppure, questo Campovolo è speciale, per tante ragioni, tra anniversari e prime volte, quelle di suo figlio Lenny alla batteria prima di tutte: “Sto cercando di fargli capire che abbiamo dei privilegi enormi nel fare questo mestiere e, tra questi, c’è anche quello di vivere momenti come quelli di questa sera. Abbiamo quasi il dovere di goderci l’emozione, senza farci sopraffare. Il salto dai teatri a uno spazio come questo è enorme… E poi, è talmente il mio batterista che era impossibile pensare di non averlo anche stavolta su questo palco” ci ha confidato.

Ligabue

Tra gli elementi portanti de “La Notte di Certe Notti” c’è indubbiamente Las Vegas. Una città e un immaginario caro a Ligabue: “Porto entrambi i lati di Las Vegas: quello luccicante e quello più oscuro. Cerco di portare tutta la Las Vegas possibile, perché è centrale per noi. Campovolo è il posto delle feste, e noi vogliamo proprio fare festa. In qualche modo, tutto è partito dal video di Viva, che è ambientato lì, e si capisce subito che io con quel mondo non c’entro nulla. Ma è proprio questo il punto: Las Vegas è potente, perché rappresenta tutto e il contrario di tutto. Ed è da lì che siamo partiti”. 

Uno show che ha indubbiamente la musica al centro, ma che lancia messaggi importanti. In un’epoca in cui in tanti non prendono posizione, nonostante i megafoni che hanno a disposizione, Ligabue non si nasconde. Il primo tema sul banco sono le guerre che affliggono il nostro pianeta, da Gaza alle altre: “Su Gaza, ogni parola rischia di diventare superflua. L’orrore e l’indignazione sono talmente forti che sembra che qualsiasi cosa tu aggiunga perda forza, quasi faccia rumore inutile. Ma abbiamo bisogno di credere che ci sarà una fine a questo massacro. Ci sono 56 conflitti in corso nel mondo… E in tutto questo, penso che 26 anni fa usciva Il mio nome è mai più. È impossibile non pensarci oggi”. E i potenti del mondo, che potrebbero fare di più per la pace, sembrano non esserne realmente interessati. Anche loro sono tra i protagonisti del concerto, in un momento ad hoc: “Col tempo, mi sono reso conto di aver coltivato un sogno che — almeno allora — sembrava davvero vicino alla realtà. Un sogno nato nella mia adolescenza, vissuta negli anni ’70, quando ero convinto che il mondo si potesse cambiare, diventare più equo, più giusto. E, in quel momento, sembrava che tutto andasse in quella direzione. Oggi vedo l’esatto contrario. Sembra che si debba smontare tutto da capo. Non ci si può permettere di ignorare il riscaldamento globale, né di parlare di riarmo e di guerra come se fosse normale amministrazione. Non possiamo far finta di niente”.

Impossibile, infine, non chiedergli la sua circa la vicenda dei concerti riempiti con gli aiutini: “Ho letto anche io di queste cose. Non seguo molto la nuova musica italiana, ma non ci vuole molto per capire che è diventato un mondo maledettamente competitivo. C’è una pressione assurda, una corsa continua: se passi dal provino in casa allo stadio in pochi mesi, qualcosa non va. E non va bene.

Ci vuole un tempo di maturazione, di crescita artistica e personale. Queste scorciatoie, queste dinamiche troppo accelerate, non fanno bene né alla musica né agli artisti. Se sono messe in atto in questo modo, finiscono per danneggiare entrambi”.

di Federico Arduini

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