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“Amo l’ironia di Flaiano”, parla il regista Riccardo Milani

Riccardo Milani è dal 2018 il direttore artistico del Flaiano Film Festival: si racconta tra citazioni e ironia, film e amore (per Paola Cortellesi)

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Sono passati più di cinquant’anni dalla morte di Ennio Flaiano. Eppure resta ancora arduo delinearne un profilo omogeneo: scrittore ‘pigro’, giornalista pungente, sceneggiatore talmente visionario da riuscire a diventare la mente del più grande, Federico Fellini.

Si deve a lui la capacità di condensare la realtà in aforismi spesso feroci e autoironici che hanno saputo descrivere l’Italia meglio di chiunque altro. La sua città, Pescara, gli rende omaggio dal 1973 con i Premi Flaiano, accogliendone la poliedricità con un programma articolato di rassegne e riconoscimenti che spaziano dalla letteratura al cinema fino al giornalismo e alla tv.

Il regista e sceneggiatore Riccardo Milani è dal 2018 il direttore artistico del Flaiano Film Festival, accogliendo la sfida anche nell’edizione di quest’anno (dall’1 al 6 luglio al cinema teatro S. Andrea) con orgoglio e sincera convinzione: «È un onore, fonte di grandissima gioia e al tempo stesso di immensa responsabilità a cui non mi tiro indietro. Lo faccio anche per Flaiano, uomo ironico e coraggioso che ha saputo raccontare e raccontarci. Ancora oggi leggerlo è come guardarsi allo specchio» ci racconta Milani.

Girato proprio tra i monti abruzzesi, il suo ultimo film “Un mondo a parte” (con Antonio Albanese e Virginia Raffaele) è finora la pellicola italiana più vista del 2024. Colpisce per la sua innata capacità di rappresentare un’Italia dimenticata: quella delle periferie, dei borghi spopolati, di piccole grandi storie di resistenza: «Conosco bene questi territori, a cui sono legato umanamente e professionalmente e che ho visto gradualmente spopolarsi. Ho voluto dare un segnale: bisogna ricordarsi di queste comunità, che non possono essere costrette ad abbandonare la propria terra per mancanza di servizi essenziali come l’istruzione o la sanità. La politica ha una responsabilità enorme su questo tema» spiega il regista.

La stessa politica è al centro di numerose critiche da parte dell’intero comparto cinematografico, che chiede – con scioperi cui i media danno scarso risalto – nuove regolamentazioni e più fondi. «La mia personale scelta di fare film che raccontino anche l’altra Italia non è soltanto estetica, ma anche e soprattutto etica perché deriva dalla mia profonda fiducia verso questo settore. Sono d’accordo con le richieste di tutti i miei colleghi ed è ora di cercare soluzioni» sottolinea Milani.

Sposato dal 2011 (dopo nove anni di fidanzamento) con Paola Cortellesi, ci descrive l’orgoglio per il suo pluripremiato esordio alla regia con “C’è ancora domani”: «Ricordo che quando lei mi ha detto che voleva fare un film, le ho risposto: “Era ora!”. Ha tante cose da dire. Ha saputo essere una talentuosa attrice di cinema e teatro, un’ironica donna di televisione e una cantante, sempre al più alto livello possibile. Quel film è un punto di partenza ma anche di arrivo perché Paola ha raccolto tutto ciò che ha seminato durante la sua carriera. Credo che meriti tutti i premi possibili» aggiunge orgoglioso. Questa coppia da record è riuscita a riportare nelle sale un annoiato e disabituato pubblico post pandemia: «È stato un importante momento di condivisione il fatto di aver capito che anche attraverso questo film la gente sarebbe ritornata al cinema. Qualcosa di enorme, dal valore assoluto inarrivabile».

Riccardo Milani ha da tempo scelto di convogliare le sue energie nella commedia «proprio come Flaiano, che utilizzava l’ironia per raccontare anche un’Italia sull’orlo del precipizio. Non amo la cinefilia estrema, preferisco raccontare le cose autentiche». Non a caso, quando gli chiediamo quale sia l’aforisma a cui si sente più legato, la risposta arriva senza esitazioni: «“Coraggio, il meglio è passato”. Per me è come una sorta di guida».

di Raffaela Mercurio

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