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Massimo Bonelli

Massimo Bonelli: “Forse siamo tutti vittime e carnefici delle nostre playlist”

“Play. Tutto quello che c’è da sapere sulla musica attuale. Gli artisti, l’industria, le tecnologie”, il libro di Massimo Bonelli. Produttore, manager, fondatore di iCompany e direttore artistico di eventi di rilievo nazionale come il concerto del primo maggio di Roma (dal 2015)

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Massimo Bonelli: “Forse siamo tutti vittime e carnefici delle nostre playlist”

“Play. Tutto quello che c’è da sapere sulla musica attuale. Gli artisti, l’industria, le tecnologie”, il libro di Massimo Bonelli. Produttore, manager, fondatore di iCompany e direttore artistico di eventi di rilievo nazionale come il concerto del primo maggio di Roma (dal 2015)

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Massimo Bonelli: “Forse siamo tutti vittime e carnefici delle nostre playlist”

“Play. Tutto quello che c’è da sapere sulla musica attuale. Gli artisti, l’industria, le tecnologie”, il libro di Massimo Bonelli. Produttore, manager, fondatore di iCompany e direttore artistico di eventi di rilievo nazionale come il concerto del primo maggio di Roma (dal 2015)

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“Play. Tutto quello che c’è da sapere sulla musica attuale. Gli artisti, l’industria, le tecnologie”, il libro di Massimo Bonelli. Produttore, manager, fondatore di iCompany e direttore artistico di eventi di rilievo nazionale come il concerto del primo maggio di Roma (dal 2015)

Il mondo della musica è in continua evoluzione, con trasformazioni costanti: alcune volte impercettibili, altre volte epocali. Negli ultimi anni, tuttavia, questi processi hanno subìto un’accelerazione senza precedenti, grazie a vere e proprie rivoluzioni, dallo streaming all’intelligenza artificiale.

Per esplorare a fondo l’industria musicale, i suoi protagonisti e le sue dinamiche è da poco disponibile negli store digitali e nelle librerie “Play. Tutto quello che c’è da sapere sulla musica attuale. Gli artisti, l’industria, le tecnologie” di Massimo Bonelli (ROI Edizioni). Produttore, manager e figura di riferimento nel settore, Bonelli è fondatore di iCompany e direttore artistico di eventi di rilievo nazionale come il concerto del primo maggio di Roma (dal 2015), la rassegna “Ciao” dedicata a Lucio Dalla e il “San Marino Song Contest”.

Scrivere un libro del genere non è stato semplice, come racconta lo stesso autore: «È stato un lavoro complesso. Partendo dai miei appunti, ho cercato di organizzare un testo che potesse raccontare in modo chiaro e strutturato tutto ciò che c’è da sapere o almeno una parte significativa, perché per coprire tutto servirebbe un’enciclopedia. Ho scelto di suddividerlo in sette capitoli, organizzando le informazioni per settori e ambiti di competenza».

Il risultato è un libro prezioso per professionisti, appassionati e curiosi, utile per comprendere quanto rapidamente la musica stia cambiando: «È sconvolgente e nei prossimi anni l’evoluzione sarà ancora più veloce. La tecnologia accelera i processi, influenzando e condizionando gli artisti. Anche il musicista più integralista, nel momento in cui realizza un’opera deve considerare come questa arriverà al pubblico e attraverso quali mezzi. Di conseguenza tende ad adattarla allo strumento che ne consentirà la diffusione. Questo è particolarmente evidente nello streaming: le canzoni di oggi, anche nella loro struttura, sono spesso molto diverse da quelle di appena dieci o quindici anni fa».

Un aspetto centrale di questa trasformazione è il ruolo delle playlist, ormai la spina dorsale dell’universo streaming. Ma quanto è davvero libera la nostra scelta musicale? «Forse siamo tutti, allo stesso tempo, vittime e carnefici delle nostre playlist algoritmiche. Da un lato ci vengono proposte automaticamente, dall’altro le alimentiamo con le nostre abitudini di ascolto, finendo per chiuderci in un circolo ristretto. Così costruiamo inconsapevolmente un nostro piccolo stagno musicale. Lo streaming, d’altra parte, ha tutto l’interesse a trattenerci in questo ambiente familiare: più tempo passiamo sulla piattaforma, più essa raggiunge il suo scopo».

Eppure, qualcosa si sta muovendo per creare una via alternativa a questo monopolio: «Soprattutto in America, alcuni artisti stanno capendo che lo streaming non è la soluzione definitiva né l’unico modo per arrivare al pubblico, forse nemmeno il migliore. Sempre più musicisti stanno costruendo percorsi indipendenti attraverso piattaforme dedicate, che permettono un contatto diretto con i fan. Molti di loro sono disposti a pagare un abbonamento per un rapporto più esclusivo con i propri artisti preferiti. Questo fenomeno si inserisce nella cosiddetta fan economy, una delle nuove frontiere della musica, soprattutto in un momento in cui lo streaming sembra aver raggiunto un punto di saturazione» sottolinea Massimo Bonelli. E questo non è neanche l’unico aspetto nel rapporto tra l’artista e il fan ad esser cambiato negli ultimi anni. Pensiamo ai social: «Oggi esiste un’esigenza costante di essere presenti, mantenere un contatto diretto con la fanbase e costruire una narrazione affascinante e coinvolgente. Siamo nell’era dell’economia dell’attenzione, in cui tutto è veloce e frammentato: veniamo bombardati da input, informazioni e stimoli continui. Per un artista, farsi notare e mantenere vivo l’interesse del pubblico è essenziale. L’assenza, salvo rari casi, non è quasi mai un’opzione».

Anche la musica dal vivo è diventata sempre più centrale, ma con un cambiamento significativo: «I grandi eventi hanno ormai sostituito il disco come fulcro dell’esperienza musicale. Oggi il concerto è l’oggetto del desiderio: tutti vogliono esserci, vivere quel momento unico e irripetibile, poter dire “Io c’ero”». Parallelamente, però, si sta perdendo qualcosa di fondamentale, come su queste pagine abbiamo spesso scritto: la musica nei piccoli club. «In tutta Europa – soprattutto a Londra e Berlino, città simbolo della scena musicale – così come in Italia, questi spazi stanno soffrendo enormemente. Eppure sono il cuore pulsante della musica dal vivo e la palestra degli artisti emergenti, quelli che domani riempiranno palazzetti e stadi. Se non si trova una soluzione, rischiamo di perdere un pezzo fondamentale del futuro musicale» conclude Bonelli.

Di Federico Arduini

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