Mei, trent’anni e non sentirli. Sangiorgi: “I luoghi dove suonare stanno sparendo”
Faenza si prepara a diventare, ancora una volta, la capitale della musica indipendente italiana. Dal 3 al 5 ottobre torna infatti il “Mei – Meeting delle etichette indipendenti”

Mei, trent’anni e non sentirli. Sangiorgi: “I luoghi dove suonare stanno sparendo”
Faenza si prepara a diventare, ancora una volta, la capitale della musica indipendente italiana. Dal 3 al 5 ottobre torna infatti il “Mei – Meeting delle etichette indipendenti”
Mei, trent’anni e non sentirli. Sangiorgi: “I luoghi dove suonare stanno sparendo”
Faenza si prepara a diventare, ancora una volta, la capitale della musica indipendente italiana. Dal 3 al 5 ottobre torna infatti il “Mei – Meeting delle etichette indipendenti”
Faenza si prepara a diventare, ancora una volta, la capitale della musica indipendente italiana. Dal 3 al 5 ottobre torna infatti il “Mei – Meeting delle etichette indipendenti”, la più importante rassegna del settore, che quest’anno celebra i suoi trent’anni di storia con tre giorni di concerti, forum, convegni, fiere e mostre diffuse nei teatri, nelle piazze e nei palazzi del centro storico.
Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con l’ideatore e coordinatore della manifestazione Giordano Sangiorgi, per scoprire le novità di questa 30esima edizione. «Fa un certo effetto constatare che, dal primo anno e con pochissime risorse, siamo arrivati fino a oggi. Con il cachet di un singolo artista medio-alto del mainstream, noi organizziamo un’intera rassegna. Eppure il rapporto con il pubblico è rimasto saldo: sempre oltre 30mila presenze, con un cartellone formato al 90% da artisti emergenti e sconosciuti, provenienti da tutta Italia, spesso segnalati da festival o etichette indipendenti». Un successo costruito nel tempo che è figlio di scelte precise, spesso in controtendenza con ciò che nel mondo della musica va per la maggiore: «Non abbiamo mai scelto la via facile dell’‘acchiappa-pubblico’, ma al contrario una linea più difficile, resiliente, necessaria però a mantenere vivo il vero mercato musicale: quello della novità, dell’inedito, della ricerca».
Ha le idee chiare Sangiorgi: «Oggi in questo settore convivono due mondi diversi. Da un lato c’è l’intrattenimento di massa, che somiglia a un villaggio turistico fatto di rituali collettivi, selfie, cori e canzoni tutte uguali. Dall’altro c’è lo spazio della musica originale, dove il pubblico va ad ascoltare davvero cosa un artista ha da proporre di nuovo, con il suo studio, la sua scrittura, i suoi strumenti e la sua interpretazione». Ed è in questo spazio che il Mei ha intercettato negli anni tanti artisti, premiandoli e concedendo loro un palco molto tempo prima che diventassero noti al grande pubblico.
Una vera fucina di talenti e opportunità: «Lucio Corsi è un vero vanto. Lo premiammo già nel 2016-2017, quando era totalmente sconosciuto. Poi lo scorso anno lo abbiamo nominato miglior artista indipendente e poco dopo tutti ne hanno riconosciuto il talento. Lo stesso è accaduto con tanti altri: Colapesce e Dimartino, premiati da noi quando nessuno li conosceva; i Baustelle agli esordi; poi Diodato, Ermal Meta e i Måneskin, che proprio al Mei hanno fatto i loro primi concerti ufficiali e la presentazione del primo album. Abbiamo spesso anticipato i tempi, perché possiamo contare su una rete qualificata di collaboratori e selezionatori che ci segnala il meglio della nuova musica» spiega Sangiorgi.
Nell’edizione dei trent’anni questa attenzione agli artisti del sottobosco musicale è ancora più accentuata, con tantissimi nomi a susseguirsi sul palco, oggi che di palchi disponibili ce ne sono sempre meno: «Ci siamo accorti che i luoghi dove proporre musica originale stanno scomparendo. È sparito un quarto dei tecnici livenegli ultimi cinque anni, ha chiuso il 30-50% dei club, i festival si sono ridotti di oltre un terzo. Diminuiscono anche gli incassi e i diritti d’autore per gli indipendenti. Eppure, al nostro bando ‘SuperStage’ abbiamo ricevuto più di 1.000 candidature, pur non promettendo nulla se non di suonare al Mei. Questo dimostra quanta voglia di fare musica nuova ci sia ancora tra i giovani. Ma le major – le multinazionali della musica – preferiscono spazzare via le rock band, troppo costose e ‘complicate’ rispetto a un singolo artista».
di Federico Arduini
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- Tag: musica
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