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Nino Buonocore: “Il ruolo dell’artista è importante e lo stiamo dimenticando”

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Dopo oltre un decennio di attesa, Nino Buonocore torna con un nuovo, elegantissimo album di inediti: “M.I.S.L.A. (Mettiamo In Salvo l’Amore)”

Nino Buonocore

Nino Buonocore: “Il ruolo dell’artista è importante e lo stiamo dimenticando”

Dopo oltre un decennio di attesa, Nino Buonocore torna con un nuovo, elegantissimo album di inediti: “M.I.S.L.A. (Mettiamo In Salvo l’Amore)”

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Nino Buonocore: “Il ruolo dell’artista è importante e lo stiamo dimenticando”

Dopo oltre un decennio di attesa, Nino Buonocore torna con un nuovo, elegantissimo album di inediti: “M.I.S.L.A. (Mettiamo In Salvo l’Amore)”

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Dopo oltre un decennio di attesa, Nino Buonocore torna con un nuovo, elegantissimo album di inediti: “M.I.S.L.A. (Mettiamo In Salvo l’Amore)”, uscito venerdì scorso e disponibile in vinile dal 12 dicembre. Un ritorno che profuma di autenticità e di ricerca, frutto di sessioni nate in studio e “suonate insieme”, in un momento storico in cui la musica sembra sempre più filtrata dalla tecnologia. Il titolo rende chiaro da sé il cuore tematico del disco: “In questo momento, tra le tante cose che stanno succedendo nel mondo, sia spiacevoli che legate a questa tendenza degli uomini a non credere più nella propria forza, nel proprio motus di ribellione… tutto questo mi fa pensare che forse l’ultima risorsa che ci è rimasta sia l’amore. Penso che sia l’anima portante di tutto il disco” ci ha raccontato. Il cantautore napoletano, da sempre refrattario alle mode e fedele solo alla propria esigenza di comunicare, ha trascorso gli ultimi anni soprattutto sui palchi, esplorando un percorso ricco di contaminazioni jazzistiche.

Poi, ecco l’urgenza di tornare a raccontare qualcosa di nuovo: “Io questo disco l’ho fatto per un’esigenza. Sono fuori dallo star system, non me ne frega niente da anni. Decido di fare dischi quando ho cose importanti da dire. Non posso pretendere che la gente mi ascolti: non siamo più negli anni ’70, quando la musica aveva un ruolo socialmente e politicamente molto forte e dirompente. Adesso non è nemmeno più un mezzo di socializzazione: ognuno ascolta la musica che vuole sul cellulare, con le cuffiette. Chi ha il privilegio di poter essere ascoltato ha anche il dovere di segnalare ciò che non va, far riflettere, migliorare, se possibile, questa società: il ruolo dell’artista è importante e lo stiamo dimenticando”. Questo nuovo disco, capace di tenere insieme leggerezza e profondità, è costruito su di suono ricercato, suonato da cima a fondo nel solco della magia dell’irrepetibilità: “Ho sempre fatto dei dischi di una certa rilevanza tecnica, ma questa volta ho fatto una scelta diversa: questo lavoro ho voluto che fosse irriproducibile. Prima il lavoro di studio dava una sorta di monoliticità e staticità: io le chiamo un po’ “nature morte”. Perché quello che si fa in studio non ha la capacità di evolversi. La musica registrata viene fissata su vinile o CD e non ha modo di svilupparsi nel tempo. Ho tentato di fare in modo che la musica registrata fosse come se fosse ancora in evoluzione, ancora in fase di sviluppo, così che dal vivo non sentirò l’esigenza di riproporla nello stesso modo”.

Un lavoro affine alla dimensione live, là dove avviene la magia più vera, là dove Nino si sente a casa: “Dal vivo ci sono cose come l’interplay, l’umore, lo stato d’animo che porti sul palco, che ovviamente cambia da giorno a giorno. È normale che ci sia un suono diverso, un approccio diverso alla canzone: la senti di più o di meno e questo incide. Per me è importantissimo”. È facilmente intuibile quanto tutto questo sia in contrasto con la direzione ipertecnologica verso cui sta andando una parte del mondo musicale, surfando sulle onde dell’AI, di cui Buonocore ha un’idea ben precisa: “In quei pacchetti c’è “niente”: ci sono dati, non c’è il genio. Il genio nasce probabilmente da un errore, da un incidente. Secondo me il limite dell’intelligenza artificiale è proprio questo: non produrrà mai musica geniale”. Buonocore, dopo i grandi successi scritti negli anni, avrebbe potuto scegliere di seguire una strada già battuta, ma così non è stato: “Avrei dovuto fare l’impiegato? No, non ci sono portato. Ho bisogno di intraprendere strade diverse. Ho cominciato col rock, ma ho trovato estremamente interessante confrontarmi con musicisti di altre estrazioni. Mi piace crescere, evolvermi, non ghettizzare la musica né catalogarla. Mi dà fastidio. Per me la musica è una e una sola”.

di Federico Arduini

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