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Luca Borsa

“Non è un gioco da ragazzi”, parla il game designer Luca Borsa

Qual è la ricetta del gioco perfetto? Ed esiste il gioco perfetto? La risposta è sì. Luca Borsa, uno dei più noti ideatori di giochi in Italia, ci svela il nome. Per chi fosse a corto di idee questo Natale

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“Non è un gioco da ragazzi”, parla il game designer Luca Borsa

Qual è la ricetta del gioco perfetto? Ed esiste il gioco perfetto? La risposta è sì. Luca Borsa, uno dei più noti ideatori di giochi in Italia, ci svela il nome. Per chi fosse a corto di idee questo Natale

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“Non è un gioco da ragazzi”, parla il game designer Luca Borsa

Qual è la ricetta del gioco perfetto? Ed esiste il gioco perfetto? La risposta è sì. Luca Borsa, uno dei più noti ideatori di giochi in Italia, ci svela il nome. Per chi fosse a corto di idee questo Natale

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Qual è la ricetta del gioco perfetto? Ed esiste il gioco perfetto? La risposta è sì. Luca Borsa, uno dei più noti ideatori di giochi in Italia, ci svela il nome. Per chi fosse a corto di idee questo Natale

Luca Borsa, classe 1962, è uno dei più noti game designer italiani e portavoce di Saz Italia, l’associazione che riunisce gli autori di giochi. La sua specialità? I giochi da tavolo che, sotto Natale, si confermano tra i regali più gettonati. Secondo Google i più ricercati restano quelli senza tempo come “Scarabeo”, “Risiko” e “Monopoly” anche se nella top 10 va segnalata la presenza di “Dixit”, un titolo relativamente nuovo che è riuscito subito a fare breccia nei cuori delle persone: «Con le sue illustrazioni evocative e oniriche, con la sua capacità di cambiare ogni volta, è un gioco in grado di unire più generazioni tenendole inchiodate al tavolo. Il suo punto di forza è quello di essere estremamente semplice da capire e subito giocabile. I regolamenti non dovrebbero mai essere troppo complicati perché la gente odia sentirsi stupida» sottolinea Borsa.

Laureato in ingegneria edile («Ma solo perché ai miei tempi la specializzazione in design non esisteva ancora»), Borsa non ha dubbi su quali dovrebbero essere gli ingredienti del gioco perfetto: «La centralità del giocatore, che si deve sentire protagonista e parte attiva; un’ambientazione accattivante; uno storytelling coinvolgente, imprevedibile e originale. Il gioco ideale deve poi creare interazione. E se alla fine il giocatore sente voglia di ripetere l’esperienza, significa che chi lo ha realizzato ha fatto un buon lavoro».

La fortuna di Borsa è l’aver avuto una mamma appassionata di giochi che ha comprato “La Settimana Enigmistica” fino a una settimana prima di andarsene. La sua curiosità ha poi fatto il resto: «Anche perché non esistono vere e proprie scuole per diventare game designer, per quanto alcune università stiano cominciando a introdurre corsi dedicati in cui mi capita di spiegare i trucchi del mestiere. Ma poi testa e fantasia restano elementi estremamente soggettivi che non si imparano sui banchi».

Il pubblico amante dei giochi da tavolo si può dividere in due grandi categorie: quello occasionale (che si limita a giocarci in famiglia, più che altro sotto le feste) e quello invece super appassionato (che frequenta raduni e non si perde nessuna nuova uscita). «In media viene pubblicato un titolo nuovo ogni due giorni, in totale nel mondo circa 4.500 l’anno: da quelli classici col tabellone a quelli con le carte, dalle escape room ai giochi cooperativi e/o deduttivi. È incredibile come negli ultimi anni questo mondo sia cambiato e cresciuto». Un universo che per fortuna non è ancora stato contaminato troppo dalla tecnologia: «Quello che offre un’app non si potrà mai trovare in un gioco da tavolo. Quest’ultimo richiede lo sforzo di imparare il regolamento, di restare seduti, di rispettare il turno dell’avversario, una lentezza che dobbiamo imparare a recuperare. Da qui il suo ruolo anche educativo per i più piccoli».

Dell’aspetto istruttivo e introspettivo dei giochi da tavolo si stanno accorgendo ultimamente anche le aziende e i formatori chiamati a interagire con i dipendenti, chiamati a giocare in azienda per scandagliare le dinamiche sociali ed emotive che caratterizzano l’ambiente di lavoro: «Giocare con le emozioni non è così semplice. Chi usa il gioco come strumento per entrare nell’intimità di un lavoratore non può essere un formatore generalista, ma deve necessariamente avere adeguate competenze» puntualizza il game designer.

Infine la domanda che non può mancare a chi ha dedicato la propria esistenza al gioco in ogni sua forma: qual è il più geniale e divertente mai costruito e con cui tutti, almeno una volta, dovrebbero giocare? «Senza dubbio il francese “Quarto”, un’evoluzione geniale del gioco del “Tris”. Inventato dallo svizzero Blaise Muller più di vent’anni fa, facile e veloce, non stanca mai. Praticamente il gioco perfetto».

di Ilaria Cuzzolin

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