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Palestinesi contro Hamas, parla Hamza Howidy

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Bidna Naish (Vogliamo Vivere) è un movimento dei palestinesi nato nel 2019 a Gaza per contestare Hamas. Hamza Howidy, un commercialista 28enne, è un suo esponente venuto in Italia per spiegarne le posizioni

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Palestinesi contro Hamas, parla Hamza Howidy

Bidna Naish (Vogliamo Vivere) è un movimento dei palestinesi nato nel 2019 a Gaza per contestare Hamas. Hamza Howidy, un commercialista 28enne, è un suo esponente venuto in Italia per spiegarne le posizioni

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Palestinesi contro Hamas, parla Hamza Howidy

Bidna Naish (Vogliamo Vivere) è un movimento dei palestinesi nato nel 2019 a Gaza per contestare Hamas. Hamza Howidy, un commercialista 28enne, è un suo esponente venuto in Italia per spiegarne le posizioni

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Bidna Naish (Vogliamo Vivere) è un movimento nato nel 2019 nella Striscia di Gaza per contestare Hamas. Hamza Howidy, un commercialista 28enne, è un suo esponente venuto in Italia per spiegarne le posizioni. «Sono nato nel 1997. E, come tutti nella Striscia, mi sono ritrovato a crescere in questa situazione, in cui ho cercato solo di essere un cittadino che sopravvive» ci racconta. Aveva quindi soltanto 10 anni quando nel 2007 scoppiò la guerra con Al Fatah, in cui Hamas si impadronì della Striscia. «Mi sono ritrovato in questo conflitto interno fatto anche di persone gettate dai tetti, trascinate per le strade con le moto. Non capivo questa situazione: normalmente il conflitto era con gli israeliani e non fra noi palestinesi».

Hamza Howidy spiega che «da quando Hamas ha preso il controllo della Striscia, ha iniziato a fare indottrinamento e ne sono stato influenzato. Anche se la mia famiglia – liberale – mi spingeva in un’altra direzione. Nel 2015 mi sono iscritto all’Università Islamica, l’unica disponibile. Nel 2019, quando ho iniziato a cercare un lavoro, ho però visto che tutti i posti direttivi erano riservati ai dirigenti di Hamas. Fu allora che un mio amico mi invitò a una manifestazione, che si stava organizzando per chiedere rivendicazioni economiche ed elezioni, che aveva come slogan “Vogliamo vivere”». Non appena la manifestazione ha avuto inizio sono arrivati gli uomini di Hamas, che hanno iniziato a sparare e ad arrestare i partecipanti.

«Sono fra quelli finiti dentro con l’accusa di tenere in mano un volantino. Sono stato scarcerato soltanto perché la mia famiglia è riuscita a corrompere alcuni esponenti di Hamas. Ho scoperto che nel mondo nessuno aveva parlato di questa protesta. E sono così arrivato al giugno 2023 e ho capito che bisognava tornare in piazza. Questa volta sono stato uno dei promotori della protesta. Mi hanno arrestato e in carcere mi hanno sottoposto a un trattamento barbaro. Fin quando ad agosto la mia famiglia è riuscita di nuovo a corrompere qualcuno per farmi uscire. Anche in questa occasione non c’era stata alcuna copertura mediatica della nostra protesta. Ho capito così che questo scontro fra palestinesi non interessava a nessuno… Sfiduciato, ho deciso di andarmene via e di costruirmi un nuovo futuro in Europa».

Tutto questo prima della strage del 7 ottobre, avvenuta un mese dopo che Hamza Howidy aveva lasciato la Striscia di Gaza. «Non ci volevo credere, ero scioccato» confessa. «C’erano state tante escalation fra israeliani e palestinesi, ma mai cose di quel genere. Anche il fatto che si iniziasse a parlare dei palestinesi di Gaza come di due milioni di terroristi mi ha fatto capire che le cose si stavano mettendo molto male e che dovevo iniziare a parlare».

E adesso? «A Gaza ribellarsi al regime porta a conseguenze pesanti, eppure un movimento di protesta si sta risollevando. Di certo non possiamo accettare la proposta del presidente americano Trump di pulizia etnica e ricollocamento né la rioccupazione israeliana della Striscia. Anzi, devono essere gli israeliani a dover ricostruire, investendo su coloro che non useranno quei soldi per scavare tunnel e punire il dissenso. Questo conflitto non va visto come tutto bianco o nero: le due parti hanno commesso errori ma è importante non identificare tutti i palestinesi con Hamas. Ai pro israeliani chiedo di non identificare tutti i palestinesi come due milioni di terroristi. È importante dare modo alle voci moderate di esprimersi».

Di Maurizio Stefanini

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