“Paolini può solo migliorare”, parla il coach Furlan
Intervista a Renzo Furlan: “Di Sinner e Paolini adoro il fatto che alzano sempre il livello, non si fermano davanti a nulla”
“Paolini può solo migliorare”, parla il coach Furlan
Intervista a Renzo Furlan: “Di Sinner e Paolini adoro il fatto che alzano sempre il livello, non si fermano davanti a nulla”
“Paolini può solo migliorare”, parla il coach Furlan
Intervista a Renzo Furlan: “Di Sinner e Paolini adoro il fatto che alzano sempre il livello, non si fermano davanti a nulla”
Intervista a Renzo Furlan: “Di Sinner e Paolini adoro il fatto che alzano sempre il livello, non si fermano davanti a nulla”
Emozioni, consapevolezza e lavoro. La carriera di Jasmine Paolini pare al decollo, a 28 anni, dopo la doppia finale al Roland Garros – persa sia in singolare contro il fenomeno polacco Swiatek sia in doppio con Sara Errani contro Gauff-Siniakova – e l’ingresso (al numero 7) nella top ten mondiale. Il successo a febbraio al Master 1000 di Dubai ha provocato un cambio di scenario: «Lì è scattato qualcosa. Dopo quel successo Jasmine è andata bene anche nei tornei successivi, giocando grandi partite, perdendo a volte soltanto contro giocatrici tra le prime dieci al mondo. Inoltre l’abbrivio per Parigi è stato preso con la vittoria in doppio di un torneo importante come quello di Roma». La voce al telefono è dell’ex numero 19 al mondo Renzo Furlan, assieme ad Andrea Gaudenzi uno dei tennisti italiani migliori della generazione tra la fine degli anni Novanta e l’inizio dei Duemila. Da quattro anni è l’allenatore di Jasmine Paolini.
Dopo il trionfo a Dubai ci disse di non essere ancora in grado di capire fin dove l’atleta azzurra potesse arrivare. E ora ce lo ripete, nonostante la ‘doppia finale’ del Roland Garros: «Fino a che c’è mentalità per limare i difetti e si è aperti mentalmente, si può fare sempre meglio. Ora è numero 7 al mondo e deve ragionare come una tennista tra le top ten. Deve restare ad alti livelli e può migliorare ancora. A parte Swiatek, Rybakina e Sabalenka, con Coco Gauff che è un passo indietro al terzetto, c’è un livello generale che si apre a diverse situazioni e Jasmine può arrivare al numero 5». Oltre a Paolini, il tennis italiano ha vissuto due settimane da sogno al Roland Garros: sono arrivate tre finali e la sconfitta di Jannik Sinner in semifinale nel singolare contro Alcaraz. È mancato l’acuto, ma il percorso azzurro non è certo casuale: «Soprattutto nel settore maschile ha lavorato bene la Federazione, moltiplicando i tornei in Italia tra futures, challenger 50 e 125, sino ai tornei maggiori: così i nostri ragazzi hanno avuto la possibilità di giocare tanto, quindi di sbagliare, perdere, maturare, fare esperienza. È un qualcosa che manca attualmente al femminile, che conta quattro italiane tra le prime 100 e tutte non giovanissime, tranne Elisabetta Cocciaretto che ha 23 anni. E poi va ricordato che ci sono generazioni particolari: nel maschile per esempio abbiamo anche Musetti, Arnaldi, Naldi, Darderi».
L’esempio per tutti, il fenomeno generazionale che ha portato l’Italia a legarsi al tennis è stata l’epifania di Sinner: «È davvero un grande campione, anche a Parigi senza condizione fisica non ha mollato di un centimetro di fronte all’altro fenomeno del prossimo decennio, Carlos Alcaraz. Arriveranno terzi incomodi, vedi Zverev finalista al Roland Garros, ma questi due saranno protagonisti per anni e anni di meravigliose sfide. Adoro in entrambi il fatto che non sembrano avere limiti, alzano sempre il livello, non si fermano davanti a nulla».
Di Nicola Sellitti
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