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“Perché ‘Sound of Freedom’ è un film per tutti”, parla Roncali

La vera storia di Ballard raccontata nel film: “Sound of Freedom – Il Canto della Libertà”. Una ONG smantella la tratta di bimbi vittime del turismo sessuale
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Né “Barbie” né “Oppenheimer”: il film di cui si più si è parlato negli Stati Uniti nel 2023 è stato “Sound of Freedom – Il Canto della Libertà” di Alejandro Monteverde. Un vero e proprio caso cinematografico (complice il passaparola, ha registrato un incasso di quasi 250 milioni di dollari, 184 dei quali soltanto negli States) che è pronto a sbarcare anche in Italia grazie a Dominus Pictures, con un’uscita-evento il 19 e 20 febbraio. Il film racconta la vera storia di Tim Ballard, fondatore di Operation Underground Railroad, un’organizzazione non profit impegnata a scoprire le reti di sfruttatori e pedofili, smantellando la tratta di bambini vittime del turismo sessuale. Un tema delicato ma molto apprezzato dal pubblico, anche se non sono mancate le polemiche. Per alcuni la pellicola con protagonista Jim Caviezel sarebbe infatti vicina alla teoria cospirazionista QAnon, strizzando così l’occhio alla destra e al mondo cristiano. Senza dimenticare la bufera su Ballard, già collaboratore di Trump e biasimato per i suoi metodi sensazionalistici. Ma “Sound of Freedom – Il Canto della Libertà” è davvero un film di destra o destinato soltanto a un pubblico di cospirazionisti? L’opera è stata sostenuta da molte personalità vicine al mondo conservatore come Elon Musk e Mel Gibson, ma la distributrice Federica Picchi Roncali è tranchant: «Questo è un film per tutti, vorrei farlo vedere anche alle femministe! È un film da mostrare sia a chi è di destra sia a chi è di sinistra, perché il tema riguarda chiunque». L’etichetta è una prassi di certa stampa, ma quando si parla di arte bisognerebbe andare oltre: «Io vengo colpita dalle storie vere e dai temi importanti: in questo caso dalla lotta alla tratta dei bambini, un argomento di cui nessuno parla. Eppure in Italia secondo i dati del Ministero dell’Interno spariscono 17mila minori ogni anno, di cui 13mila stranieri (spesso senza documenti). Dei 4mila italiani, 3mila vengono ritrovati – spesso con dei traumi – ma gli altri mille no» ci racconta la fondatrice di Dominus Pictures. L’obiettivo è nobile: «Vorrei creare consapevolezza su un fatto che non tocca soltanto i Paesi in via di sviluppo, ma anche il nostro. Sono affiancata da associazioni che non hanno colori politici e spesso mi viene da sorridere quando i giornali cercano un’etichetta. La tratta dei minori non si può incasellare». Leggendo certi articoli si ha l’impressione che fra una sequenza e l’altra spunti Donald Trump. Ma Federica Picchi Roncali si dice tutt’altro che spaventata dalle polemiche e da certe discussioni «colorite e prive di senso». Anche perché la speranza è quella di poter coinvolgere tutte le forze: «Non dobbiamo farne una questione politica. Io parlo con tutti, dall’estrema destra all’estrema sinistra, mi hanno chiamato a parlare in piazza persino gli anarchici» racconta sorridendo. «Vorrei presentare il film in Parlamento, coinvolgendo tutti i partiti». I detrattori rimarranno con il cerino in mano: «Grazie a questa storia il Congresso americano ha attivato dei protocolli di cooperazione internazionale per bloccare la tratta dei bambini. È una storia di grandissimo coraggio con una ricaduta concreta sulla società americana. Con buona pace di chi sa fare soltanto polemiche».
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