Pioniere dell’hip hop, parla Dj Skizo
Quando si parla di hip hop in Italia è impossibile non pensare a Dj Skizo, nome d’arte di Maurizio Bonizzoni. Le sue parole
Pioniere dell’hip hop, parla Dj Skizo
Quando si parla di hip hop in Italia è impossibile non pensare a Dj Skizo, nome d’arte di Maurizio Bonizzoni. Le sue parole
Pioniere dell’hip hop, parla Dj Skizo
Quando si parla di hip hop in Italia è impossibile non pensare a Dj Skizo, nome d’arte di Maurizio Bonizzoni. Le sue parole
Quando si parla di hip hop in Italia è impossibile non pensare a Dj Skizo, nome d’arte di Maurizio Bonizzoni. Le sue parole
In ogni ambito musicale c’è sempre stato chi si è mosso per primo, sperimentando e intercettando gusti e sound ancora inesplorati, diventando un pioniere del proprio genere di riferimento. Per l’hip hop in Italia è impossibile non pensare a Dj Skizo, nome d’arte di Maurizio Bonizzoni. Iniziò la sua carriera come produttore e deejay nel 1984, fondando il primo collettivo hip hop italiano, i Radical Stuff. Negli anni Novanta si affermò come uno dei principali produttori della nostra scena musicale. Nel 1996 diede vita ad Alien Army, gruppo leggendario che ha segnato la storia del turntablism in Italia. Cinque anni dopo incontrò Mike Patton, con cui intraprese un tour e una collaborazione che arricchirono ulteriormente il suo percorso artistico e il suo stile unico sul palco. Insomma, una vera leggenda del genere.
Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con lui in occasione dell’uscita del suo ultimo disco “Prima del prima”, in cui spiccano tra gli altri i nomi di Clementino, Tormento e Inoki. «Questo album ha avuto una gestazione piuttosto lunga, non è stato un progetto improvvisato né pensato esclusivamente per il mercato. È un lavoro che nasce da lontano, con l’idea di unire diverse persone a livello produttivo e costruire un sound che fosse in grado di piacere sia a me che alle persone con cui collaboravo» dice a “La Ragione”. «Ho iniziato con il contattare chi ritenevo fosse all’altezza di questo tipo di progetto, ma anche artisti con cui avevo già lavorato in precedenza». Tutte collaborazioni con un senso, figlie di un progetto e di una visione, diversamente da quanto accade spesso in questi ultimi tempi in cui i featuring sembrano esser diventati una moda: «Non credo assolutamente nella musica costruita a tavolino per un obiettivo specifico. Aborro la musica on demand, quella pensata per rispondere a un’immediata richiesta di mercato. Non mi piacciono i dischi fatti in modo che il pubblico possa ‘acchiappare’ soltanto una canzone e ignorare il resto del progetto. È come mettere in moto una macchina senza sapere dove arriverà. Quello che conta è che parta, seguendo la strada della buona musica, del buon gusto e delle persone autentiche». Il modo scelto per procedere è quello di chi ha le idee chiare: «A me non interessa avere ospiti che possano garantirmi vendite o numeri. Questi sono approcci posticci che lascio ad altri, roba che fa parte di un’era preistorica».
Impossibile non chiedergli quale sia la più grande differenza fra il panorama di oggi e quello che c’era quando scelse di muovere i primi passi nel mondo dell’hip hop italiano. «Quando ho cominciato a fare musica, il mio obiettivo era esplorare questo mondo, scoprire le possibilità che avevo come essere umano e come musicista, creare collettivi di persone e trarne un risultato stilistico e creativo di alto livello» ci risponde. «Oggi vedo invece qualcosa che assomiglia più a operazioni bancarie, quasi come se il mondo musicale fosse diventato un sistema di prestiti. Le etichette discografiche mi danno l’idea di sportelli bancari che concedono all’artista qualcosa che poi lui è obbligato a restituire. Capisco che nella vita esistono i compromessi, ma questo tipo di dinamica mi dà l’impressione che l’arte venga ridotta a una questione di scadenze e obblighi, piuttosto che di espressione libera e creatività».
Nel futuro di Dj Skizo ci sono un libro autobiografico che racconta la sua storia e quella dell’hip hop italiano («Sarà un’opera prima molto intensa, sto finendo di scriverla») e un nuovo disco: «Anche se potrebbe non sembrare nelle mie corde, mi piace cercare di capire e avvicinarmi anche a persone che sono molto lontane dal mio mondo. Sto facendo un po’ di scouting, cercando artisti magari lontani dal mio universo musicale. Ma il ‘vestito’ che posso far loro indossare può cambiare completamente lo scenario. Potrei per esempio scegliere qualcuno per alcuni considerato come ‘bruciato’ e trasformarlo in un pezzo d’oro, semplicemente perché gli darò l’opportunità di indossare una nuova veste in un modo che non ha mai pensato di fare».
di Federico Arduini
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