Mikaelyan (Comunità russi liberi in Italia): “Sì, la Russia di Putin è fascista”
Per Maria Mikaelyan, co-fondatrice della Comunità dei russi liberi Italia, il modus operandi della dittatura di Vladimir Putin ha un solo nome: “Fascismo”

Mikaelyan (Comunità russi liberi in Italia): “Sì, la Russia di Putin è fascista”
Per Maria Mikaelyan, co-fondatrice della Comunità dei russi liberi Italia, il modus operandi della dittatura di Vladimir Putin ha un solo nome: “Fascismo”
Mikaelyan (Comunità russi liberi in Italia): “Sì, la Russia di Putin è fascista”
Per Maria Mikaelyan, co-fondatrice della Comunità dei russi liberi Italia, il modus operandi della dittatura di Vladimir Putin ha un solo nome: “Fascismo”
Una semplice domanda («Che cosa pensa del regime di Vladimir Putin?») può essere un macigno, se a riceverla tramite telefono è un cittadino russo. È una prassi assai conosciuta da chi vive da quelle parti. Difficile quindi immaginare che in un’autocrazia la popolazione non abbia timore a esprimere il proprio pensiero. A raccontarlo a “La Ragione” è Maria Mikaelyan, co-fondatrice della Comunità dei russi liberi Italia: «Se lei vivesse in un Paese dittatoriale e fascista, avrebbe paura a rispondere a questa domanda. Perché la sua risposta potrebbe risolversi in un arresto, in un procedimento penale e in anni di carcere». Una paura che – seppur diversa – tanti cittadini russi residenti in Italia provano a distanza di migliaia di chilometri dal proprio Paese d’origine.
Abbiamo incontrato Mikaelyan all’indomani della domenica trascorsa a Milano da Daria Navalny, figlia del più importante dissidente russo Aleksey, ucciso nelle galere di Putin perché tutti capissero. Nello scoprire la targa dedicata a suo padre nei giardini che portano il nome di un’altra vittima dello zar (Anna Politkovskaja), Daria ha invitato tutti a non arrendersi mai. Un sostegno ancora più importante per persone come lei: «C’è timore di esporsi anche quando qualcuno vive in Italia» ci spiega Mikaelyan. «Tutti noi abbiamo ancora parenti in Russia. E c’è chi ancora, per varie ragioni burocratiche, deve comunque tornare nel proprio Paese. Motivo per cui, quando ce lo richiedono, manteniamo l’anonimato dei nostri attivisti».
Nonostante il clima di terrore, è nata la Comunità dei russi liberi di Milano. Uno specchio che rimanda una realtà oscurata dalla propaganda del Cremlino: un popolo spaccato a metà, in cui chi non è d’accordo con Putin paga con la vita la libertà di pensiero. Un modus operandi che per Maria Mikaelyan ha un solo nome: «Fascismo».
Suona come un paradosso, considerando le ceneri della Federazione Sovietica. Non ci sarebbe nulla di strano, la storia umana è piena di paradossi. Ma questo non lo è: «Basti pensare al crollo dell’Urss. Dal momento in cui un impero così vasto è collassato, è normale che siano nati problemi nazionalistici, etici, religiosi, territoriali, soprattutto politici ed economici. Purtroppo in Russia dopo il 1991 questi problemi sono sempre stati ignorati. Poi dal 2012 sono stati aggravati appositamente. Lo stesso Cremlino ha voluto strumentalizzare la memoria dell’impero sovietico per i propri loschi interessi» aggiunge Maria.
Invece di risolvere quelle difficoltà emerse a seguito della caduta dell’Unione Sovietica, i singoli politici – soprattutto l’entourage di Vladimir Putin – hanno cominciato a utilizzare questi problemi a loro vantaggio, passando a una dittatura fascista. E per renderlo ancora più chiaro Maria Mikaelyan fa ricorso a uno dei massimi scrittori italiani, Umberto Eco: «Se prendiamo un suo libro sui princìpi del fascismo, tutto coincide con la Russia di oggi. Certo, è un fascismo diverso da quello mussoliniano, sono sfumature e circostanze diverse. Ma si tratta di un tipo di organizzazione sociopolitica. Quindi sì, a distanza di 35 anni dalla caduta dell’Unione Sovietica, il mio è un Paese fascista».
Una lettura storica cruda, ma necessaria per comprendere il corso degli eventi odierni. «Auguro alla Russia la più completa sconfitta, con tutto il mio cuore. Ma spero anche che il mio Paese, dopo questa sconfitta, arrivi a essere una società democratica» conclude. Parole che, pronunciate da chi è nato e cresciuto in Russia, hanno il sapore della libertà.
Di Claudia Burgio
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