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Silvia Ziche: «Faccio credere che i personaggi che disegno esistano. E alla fine ci credo anch’io»

Silvia Ziche è una delle decane delle fumettiste, specialmente nel campo del fumetto comico. Originaria di Thiene – nella provincia veneta di Vicenza – collabora stabilmente con “Topolino” da diversi anni, ma la sua produzione non è limitata a quello

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Silvia Ziche: «Faccio credere che i personaggi che disegno esistano. E alla fine ci credo anch’io»

Silvia Ziche è una delle decane delle fumettiste, specialmente nel campo del fumetto comico. Originaria di Thiene – nella provincia veneta di Vicenza – collabora stabilmente con “Topolino” da diversi anni, ma la sua produzione non è limitata a quello

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Silvia Ziche: «Faccio credere che i personaggi che disegno esistano. E alla fine ci credo anch’io»

Silvia Ziche è una delle decane delle fumettiste, specialmente nel campo del fumetto comico. Originaria di Thiene – nella provincia veneta di Vicenza – collabora stabilmente con “Topolino” da diversi anni, ma la sua produzione non è limitata a quello

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Silvia Ziche è una delle decane delle fumettiste, specialmente nel campo del fumetto comico. Originaria di Thiene – nella provincia veneta di Vicenza – collabora stabilmente con “Topolino” da diversi anni, ma la sua produzione non è limitata a quello

Silvia Ziche è una delle decane delle fumettiste, specialmente nel campo del fumetto comico. Originaria di Thiene – nella provincia veneta di Vicenza – collabora stabilmente con “Topolino” da diversi anni, ma la sua produzione non è limitata a quello. Così come è peculiare il modo in cui definisce la sua professione: «Sono una illusionista. Faccio credere a qualcuno che i personaggi che disegno esistano, che siano vivi. E alla fine ci credo anch’io». Il suo segreto è infatti la grande perizia grafica con cui rende le espressioni dei suoi protagonisti, persino quando sono paperi. Permettendo l’identificazione delle lettrici e dei lettori con loro e con le emozioni che provano. Un’abilità, quella di far esprimere con segni vivaci i caratteri che disegna, nata grazie alla grande gavetta che Ziche ha compiuto nella sua lunga carriera.

Non a caso, l’esperienza visiva che l’ha avvicinata al fumetto è stata il vivacissimo Paperino degli anni Settanta disegnato da Giorgio Cavazzano. «Avevo pochi anni, non sapevo ancora leggere e in quel periodo la memoria di un bambino è ancora un foglio tutto da scrivere. Le prime cose che ci rimangono impresse non se ne vanno più. Così è stato per quel fantastico Paperino, così vivo e dinamico, di cui capivo le parole anche se non le sapevo leggere. Cavazzano è stato sicuramente il mio primo maestro, dapprima sulle pagine di “Topolino” e quindi anche di persona. Claire Bretécher (autrice de “I Frustrati”, ndr.) è stata invece la seconda colonna del mio apprendistato fumettistico. Lucrezia arriva sicuramente da lì».

Lucrezia, il cui personaggio ha quasi compiuto vent’anni dal suo esordio su “Donna Moderna” nel 2006, è il pilastro del mondo di Ziche fuori dalla produzione Disney. «Più che autobiografica, Lucrezia è un personaggio che pesca dalla mia esperienza personale per poi andare altrove. Non potrebbe esistere senza la mia esperienza, ma non vive la mia vita. La mando avanti, mi nascondo dietro di lei. Per me è una specie di finestra sul mondo, mi fa mettere a fuoco meglio quello che accade. Da parte mia c’è un po’ di risentimento nei suoi confronti perché io invecchio. Lei, come tutti i personaggi dei fumetti, no. In compenso io cerco di diventare saggia, lasciandola indietro. Vorrei dire che io sono reale mentre lei no, ma le persone che incontro alle fiere e alle presentazioni, che mi dicono che si riconoscono in lei, mi fanno pensare il contrario».

Una sorta di ritratto di Dorian Gray inverso, dove è la rappresentazione grafica a rimanere statica per aiutare la sua autrice a maturare. Un personaggio che, per la Ziche, è nato dall’esigenza di raccontare il restringimento degli orizzonti che notava nella sua vita e in quella dei suoi amici e amiche una volta entrati nella vita adulta. Una cristallizzazione che l’ha aiutata a elaborare il trauma del passaggio alla nuova età.

«È quella cosa che accade quando sei costretto a rivedere i tuoi ideali dei vent’anni perché hai cominciato a fare esperienza della vita. Si tratta di una traversata difficile in cui si diventa più realisti, ma l’abbandono forzato degli ideali con cui ero cresciuta mi ha causato un vero dolore. Lucrezia mi serviva appunto a raccontare questa contraddizione, che per me dura ancora. Insomma la uso per una continua autoanalisi, per non perdere il filo mentre attraverso la Storia (con la S maiuscola) più o meno consapevolmente, per continuare a trovare storie (con la minuscola) da raccontare». Un’áncora, più che un semplice personaggio. Donna come la sua autrice. «Lucrezia è soprattutto il mio punto di vista. Ma non credo che la sua particolarità sia di essere una donna. La sua particolarità è di essere una donna che si chiama Lucrezia. Una persona unica».

Di Camillo Bosco

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