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Sono un panda della musica, parla Mirco Mariani

Le parole di Mirco Mariani, cantautore polistrumentista, che ha deciso di lanciarsi in una nuova avventura solista, partendo dal cuore pulsante della sua attività: il Labotron

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Nell’immaginario collettivo l’artista è solitamente visto come un ricercatore, un animo indomito, spinto costantemente dalla necessità di dar sfogo alla propria creatività. Sebbene molti sostengano che nel 2024 ci sono sempre meno candidati che rispondono a questo identikit, qualcuno che calzi a pennello con questa definizione ancora c’è. Tra i musicisti italiani spicca il nome di Mirco Mariani, cantautore polistrumentista, mente vulcanica al servizio delle sette note. Dopo l’esperienza internazionale con gli Extraliscio – con cui ha anche partecipato al Festival di Sanremo 2021Mariani ha deciso di lanciarsi in una nuova avventura solista, partendo dal cuore pulsante della sua attività: il Labotron, uno spazio unico nel suo genere in cui nel corso del tempo l’artista ha raccolto vari strumenti musicali, decine di sintetizzatori, campane tubolari, un vibrafono, una celesta e una delle più importanti collezioni europee di mellotron.

Una nuova sfida nata da un’esigenza personale, come ci ha raccontato: «L’esigenza di fare i conti con me stesso, dopo tanti anni passati a lavorare per le musiche degli altri. Avevo bisogno di rinchiudermi dentro la mia scatola magica del Labotron di Bologna e fare. Trovarmi a 50 anni suonati a fare il musicista, poter sperimentare in un labirinto infinito di suoni e dare importanza a questa parola è una delle più grandi fortune che possano capitare». Questa nuova fase ha preso forma nel progetto “Il Parcheggiatore di sommergibili” che vedrà nel corso dell’anno la pubblicazione di diversi brani due alla volta, rievocando così lo spirito dei vecchi 45 giri (i primi due brani “I love vita” e “Permette un ballo lento” sono già usciti). «L’idea è nata quando ho capito che per le mie figlie un disco inteso come album non esisteva più. E allora, invece di partire da un’idea e collegare vari brani in un unico mondo – come si fa appunto con gli album tradizionali – ho scelto invece di pensare a dei 45 giri come si faceva diversi anni fa, in modo da riscoprire il gusto di assaporare le cose con lentezza. Oggi tutte le cose vanno a una velocità infernale. Provo a restare aggiornato per quel che posso, perché non farlo sarebbe vivere fuori dal tempo, ma preferisco tenermi alla larga dall’ossessione per il nuovo e cercare nel mio piccolo di coltivare un orticello».

Tra i diversi linguaggi musicali sperimentati da Mariani c’è anche quello della musica da film, a cui ha dato un taglio personale al punto da inventarsi una sorta di sottogenere: «Ho avuto la fortuna di lavorare con Pupi Avati. In quell’occasione mi sono inventato la musica istantanea, come un click fotografico. Vedi una scena e tutto deve succedere in quel momento: come la scena, così la composizione musicale. Non puoi ricostruirla con il computer. Come se fossi un’orchestra, in quell’attimo registro con gli strumenti tutti collegati». Impossibile non chiedere a lui, che ha comprato il primo pc a 54 anni, cosa ne pensi dell’intelligenza artificiale: «Non mi sento di frenare la ricerca, perché potrebbe portare cose che ora non posso immaginare e poi potrebbero indurmi a pentirmi di quello che ho detto. Ma voglio salvaguardare questo ‘panda’ che è la musica suonata con le dita. I miei strumenti, con il loro profumo, la loro usura, hanno avuto tutti una vita precedente, più lunga della mia e ognuno di loro ha delle storie che mi raccontano ciascuno a modo suo. Come un gatto: non ha la parola, ma ti fa capire quello che vuole».

di Federico Arduini

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