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Francesco Tricarico

Tempo di poesia e note, parla il cantautore Francesco Tricarico

Dopo aver incantato il pubblico al Premio Tenco 2024 con tre applauditissime esibizioni in altrettante serate, Francesco Tricarico torna sul palco del Teatro Ariston nella serata dedicata alle cover e si unisce a Francesco Gabbani (in gara con “Viva La Vita”) per un duetto speciale

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Tempo di poesia e note, parla il cantautore Francesco Tricarico

Dopo aver incantato il pubblico al Premio Tenco 2024 con tre applauditissime esibizioni in altrettante serate, Francesco Tricarico torna sul palco del Teatro Ariston nella serata dedicata alle cover e si unisce a Francesco Gabbani (in gara con “Viva La Vita”) per un duetto speciale

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Tempo di poesia e note, parla il cantautore Francesco Tricarico

Dopo aver incantato il pubblico al Premio Tenco 2024 con tre applauditissime esibizioni in altrettante serate, Francesco Tricarico torna sul palco del Teatro Ariston nella serata dedicata alle cover e si unisce a Francesco Gabbani (in gara con “Viva La Vita”) per un duetto speciale

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Dopo aver incantato il pubblico al Premio Tenco 2024 con tre applauditissime esibizioni in altrettante serate, Francesco Tricarico torna sul palco del Teatro Ariston nella serata dedicata alle cover e si unisce a Francesco Gabbani (in gara con “Viva La Vita”) per un duetto speciale

Dopo aver incantato il pubblico al Premio Tenco 2024 con tre applauditissime esibizioni in altrettante serate, Francesco Tricarico torna sul palco del Teatro Ariston per il 75° Festival di Sanremo. Nella serata di oggi, dedicata alle cover, si unirà a Francesco Gabbani (in gara con “Viva La Vita”) per un duetto speciale. La canzone scelta è infatti “Io sono Francesco”, il brano che segnò il debutto discografico di Tricarico esattamente 25 anni fa. «Per me è un grande piacere tornare all’Ariston e al Festival, che considero una grande occasione per la musica italiana, forse la vetrina più importante. Uno dei pochi momenti davvero significativi in cui la musica può mostrarsi, nel bene e nel male» ci ha confidato il 44enne cantautore milanese. Proprio sulle nostre pagine Gabbani raccontava di aver scelto questa canzone perché, a detta sua, non era stata compresa appieno dal pubblico. Impossibile non chiedere la sua anche allo stesso Tricarico: «Penso che uno degli elementi di grande appeal di questo brano fosse proprio la frase “Puttana la maestra”, senza che dietro ci fosse malizia o un intento provocatorio. Probabilmente molti si sono fermati a quelle parole, ma io non ho mai pensato che una canzone debba necessariamente essere capita. Se lo è, bene; ma non credo si debba avere questa pretesa. Non mi è mai pesato il fatto che quella canzone abbia avuto diversi livelli di lettura: uno più superficiale legato alla parola forte e uno più profondo. Credo che il bello di un pezzo – e forse anche di un successo – sia proprio la possibilità di essere interpretato in modi diversi: l’obiettivo non è necessariamente essere compresi ma arrivare, toccare le persone in modi diversi».

Quali differenze fra il Premio Tenco e il Festival di Sanremo? «Sicuramente nell’atmosfera. Al Premio Tenco ho avuto modo di rivedere la città di Sanremo al di fuori del Festival e questo mi è piaciuto molto. Diventa più autentica, a misura d’uomo, rilassata. Meno caos, meno rumore, meno frenesia. C’è un’atmosfera più intima e raccolta, con un senso comune che unisce tutti: la musica, la canzone d’autore. Questo ha reso l’esperienza speciale. Al Festival, invece, tutto è amplificato: c’è la musica ma anche lo spettacolo, il clamore, l’attenzione mediatica. Con la sua essenzialità, il Tenco rende l’Ariston un luogo più raccolto e pronto ad accogliere la musica in un modo diverso. Ho trovato più leggerezza e umanità».

Tricarico è in giro per l’Italia con un tour teatrale intitolato “Buonasera, io sono Tricarico” che raccoglie la sua arte, il suo vissuto e che ha avuto una lunga genesi: «Non è stato semplice. È un percorso che dura da dieci anni, da quando ho iniziato a rifletterci seriamente. Non è stata una decisione improvvisata ma qualcosa che ha avuto una sua incubazione, una preparazione e una maturazione nel tempo. Mi fa molto piacere che questo progetto abbia preso forma e luce, chiudendo un percorso che sento profondamente personale. Forse, in modo pretenzioso, volevo anche raccontare un’epoca che sta lentamente scomparendo, un tempo fatto di poesia e musica. All’interno di questa narrazione così intima e fragile c’è forse un riflesso del momento storico che stiamo vivendo, in cui l’elemento umano sembra sempre più superfluo, schiacciato da spinte tecnologiche e robotiche che riducono lo spazio per la spiritualità e la poesia. Ripensandoci ora, mi rendo conto che questo viaggio personale potrebbe, in qualche modo, riguardare tutti noi».

Impossibile non pensare al tema del momento, cioè l’intelligenza artificiale: «Da un lato è qualcosa di potenzialmente pericoloso, dall’altro persino stupido. Già il termine stesso è fuorviante. Le parole sono importanti e vanno usate con attenzione: l’intelligenza è qualcosa di prettamente umano mentre non c’è nulla di davvero intelligente in questi strumenti. Ci sono piuttosto una grande capacità di sintesi e una rapidità di elaborazione che possono essere utili in certi ambiti, ma dannosi in altri. Noi non siamo soltanto dati ma spirito, ingegno, intuizione, imprevisto. E l’imprevisto, questa scintilla che genera la vita, non può nascere da un semplice accumulo di informazioni. Abbiamo ancora tante domande senza risposta: chi siamo? Perché ci batte il cuore? Da dove viene l’energia che ci dà la vita? Eppure viviamo in un’epoca di grande distrazione, in cui sembra perdersi quel senso profondo che una volta ci univa attraverso la religione, la poesia, il teatro. Forse, a livello di società civile, si è smarrita la ricerca di ciò che è davvero importante».

Nel futuro di Francesco Tricarico c’è un nuovo disco: «Ci sto pensando e credo che a breve vedrà la luce. Ne sto parlando con Franco Godi, con cui lavoro in questo periodo e che considero il frutto un incontro fortunato e raro in tutti questi anni. C’è una visione comune tra noi, per quanto diversa nei dettagli. Ed è qualcosa di molto bello, difficile da trovare».

di Federico Arduini

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