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Treccani, cento anni fra tradizione e futuro. Massimo Bray: “Un’antenna per il futuro”
Fondata nel 1925 dall’imprenditore e mecenate Giovanni Treccani degli Alfieri, ancora oggi è animata dalla volontà di tutelare la storia
Treccani, cento anni fra tradizione e futuro. Massimo Bray: “Un’antenna per il futuro”
Fondata nel 1925 dall’imprenditore e mecenate Giovanni Treccani degli Alfieri, ancora oggi è animata dalla volontà di tutelare la storia
Treccani, cento anni fra tradizione e futuro. Massimo Bray: “Un’antenna per il futuro”
Fondata nel 1925 dall’imprenditore e mecenate Giovanni Treccani degli Alfieri, ancora oggi è animata dalla volontà di tutelare la storia
Fondata nel 1925 dall’imprenditore e mecenate Giovanni Treccani degli Alfieri, ancora oggi è animata dalla volontà di tutelare la storia
Scandire la storia con cento parole. Dalla prima, “enciclopedia”, all’ultima: “responsabilità”. Nel mezzo una serie di concetti che fotografano il corso del tempo. La memoria si lega alle parole e non cancella quelle dolorose. Ecco quindi l’olocausto che segna il 1940 e l’atomica che definisce il 1945. Ma si sogna anche: con la televisione, il volo e il viaggio sulla Luna. Si arriva al presente con l’attenzione verso il clima e si guarda al futuro con l’intelligenza artificiale. Cento parole attraverso le quali l’Enciclopedia Italiana Treccani celebra il suo centenario.
Fondata nel 1925 dall’imprenditore e mecenate Giovanni Treccani degli Alfieri, ancora oggi è animata dalla volontà di tutelare la storia, il valore e l’identità della cultura italiana, in un dialogo continuo con il suo passato: «Treccani ha saputo interpretare e leggere quello che ha rappresentato il Novecento, un secolo caratterizzato da avvenimenti di portata non solo nazionale ma anche internazionale. Lo ha fatto interpretando il ruolo importante che ha avuto la cultura italiana e creando un luogo capace di tutelare la storia del nostro Paese» dice a “La Ragione” Massimo Bray, direttore generale dell’Enciclopedia Italiana ed ex ministro per i Beni culturali.
Oggi bisogna imparare a districarsi tra le parole. Evitare menzogne, smascherare fake news. Un compito difficile nell’era digitale: «Riprendendo quello che diceva Giovanni Gentile, la cosa importante che Treccani è riuscita a fare è stata tutelare il valore delle professioni. Una questione di grande attualità, soprattutto oggi che crediamo che possano essere dei meccanismi automatici a creare risposte e contenuti. In continuità con il passato, abbiamo sempre avuto una comunità scientifica di grandissimo valore. Facciamo sempre molta attenzione a chi deve contribuire alle nostre opere e c’è una revisione molto attenta dei contenuti e delle fonti, perché vogliamo in qualche modo dare delle certezze ai nostri lettori e ai nostri utenti digitali» aggiunge Bray.
La parola che Treccani ha scelto per raccontare il 2024 è “intelligenza artificiale”. Opportunità o rischio per il mondo culturale? «La Treccani ha sempre accolto con attenzione i cambiamenti. Il nostro sito è nato nel 1995 ed è stato uno dei primi realizzati in Italia. Mi piace l’immagine di Treccani come una sorta di antenna sul Paese, in grado da una parte di leggerne i cambiamenti e dall’altra di suggerire delle strade da percorrere. E anche oggi, di fronte alle sfide che l’intelligenza artificiale ci pone, credo che sia importante saper interpretare i fenomeni del cambiamento e anche saperli orientare. Ritengo ad esempio che le basi semantiche alla base dei motori dell’intelligenza artificiale debbano essere certificate. E in questo Treccani ha un grandissimo punto di forza perché ha una banca dati molto ricca di contenuti, tutti certificati, per fornire all’utente delle risposte sicure».
Lingua e futuro si intrecciano: i social network avvicinano sempre di più il parlato allo scritto. Il rischio è di disperdere il bello della lingua italiana: «Lo diceva già Tullio De Mauro: abbiamo un linguaggio che fa ricorso a poche parole. La lingua italiana in qualche misura tende a fare sue anche le dinamiche del mondo digitale. Per esempio, il fatto che utilizziamo spesso un linguaggio che tende a polarizzarsi. Tutto questo non ne coglie la ricchezza, però è anche vero che è una lingua che nella sua straordinaria capacità di adattarsi muta e ci mostra nuove possibilità di utilizzo». L’obiettivo è farle conoscere alle nuove generazioni: «Tutto questo nostro impegno ha un fondamento, che è il mondo della scuola. È lì che dobbiamo investire per consentire alle prossime generazioni di cogliere la ricchezza della lingua ma anche un suo utilizzo più attento».
di Giacomo Chiuchiolo
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