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Tullio De Piscopo

Tullio De Piscopo: “Pino, la cosa migliore che mi sia capitata in vita”

Parla Tullio De Piscopo, tra i batteristi più grandi della storia, amico e ritmica di Pino Daniele per decenni

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Tullio De Piscopo: “Pino, la cosa migliore che mi sia capitata in vita”

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Tullio De Piscopo: “Pino, la cosa migliore che mi sia capitata in vita”

Parla Tullio De Piscopo, tra i batteristi più grandi della storia, amico e ritmica di Pino Daniele per decenni

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Parla Tullio De Piscopo, tra i batteristi più grandi della storia, amico e ritmica di Pino Daniele per decenni

In una delle solite telefonate domenicali, che si facevano per risparmiare sulla bolletta, mio padre, percussionista nell’orchestra del Teatro San Carlo di Napoli, mi confidò: Tullio, ho sentito suonare un ragazzo straordinario. Uno che sperimenta come te, ma lui ha avuto il coraggio di scrivere che Napoli era ‘‘na carta sporca’. Era Pino. La cosa migliore che mi sia capitata nella vita”. La voce, ora quasi baritonale, di Tullio De Piscopo inizia a cedere di colpi. Sono dieci anni esatti dalla morte di Pino Daniele, conosciuto nel 1977, quando De Piscopo era già un musicista parecchio affermato in Italia. Pino, un pezzo di vita, un fratello di musica. Voce, anima e chitarra di una superband negli anni ‘80 che portava sui palchi italiani ed europei la world music, con intrecci di blues, jazz, sonorità africane e sudamericane. Il genio di Pino, Tullio che era l’asso della ritmica, poi James Senese (sassofono), Joe Amoruso (tastiere), Tony Esposito (basso) e Rino Zurzolo (contrabbasso). Assoli, virtuosismi, una jam session itinerante.  

Credo che al concerto di Zurigo nel 1983 abbiamo raggiunto il punto più alto dell’evoluzione musicale”, racconta De Piscopo, “la nostra era una specie di fusion etnica, c’era esperienza, intelletto, passione, c’era una grande magia, un’alchimia speciale e voglio sottolineare il timing mostruoso di quella band. I concerti potevano andare avanti per oltre tre ore, i singoli pezzi anche dieci minuti. Improvvisazione, avanguardia pura. Altro che la musica contemporanea e chissà se a Pino piacerebbe quello che si ascolta ora in giro..”, si emoziona lo storico musicista napoletano, che diventa un fiume in piena: “L’altra notte a luci spente ho ascoltato la musica di Pino, le sue poesie, i suoi respiri in cuffia, avendo, se fosse davvero servita, la conferma che non mi ero sbagliato: sin dal primo momento, da quando ci siamo conosciuti, avevo intercettato la sua straordinaria potenza artistica e poetica”, racconta il musicista, “Ricordo quando si discuteva della scaletta dei concerti, mentre il barbiere in albergo faceva la barba prima a lui, poi a me. Adesso staremmo assieme a suonare in qualche posto, lui era sempre con la sua chitarra in mano. Onestamente, siamo stati i migliori”

Pino e Napoli, Napoli e Pino. Reciproco amore viscerale. Da Pino, nessuna concessione all’oleografia, all’autocompiacimento, all’accettazione inerte di un destino amaro, piuttosto amarezza e disincanto. Pino come Eduardo. Irreprensibili innamorati, a volte traditi dall’amata. “Come me, ha sempre detestato la rassegnazione ai nodi storici, al “Masaniello” di turno. Anche in questo siamo stati simbiotici, due anni prima di “Napul’è” avevo denunciato i mali di Napoli nell’album” Sotto e’ Ncoppa”, dal colera, al mare, al traffico”, continua De Piscopo, “Pino tra l’altro ha denunciato anche lo scippo che avevo subito per strada e che mi provocò un infarto, in ‘Madonna mia’. La Napoli degli anni ‘70 e ‘80 era piena di problemi, ora Napoli è meno ripiegata su se stessa e forse gli piacerebbe di più, dato che gli piaceva l’evoluzione, ma moderata, mentre si è passati forse da un estremo all’altro, ora non si può neppure camminare per le strade. Ma rispetto ad allora ora va molto meglio, ora si può respirare aria di mare sul Lungomare. Pino aveva un cuore grande. La sua capacità di creare un feeling con le persone lo ha reso unico”.

di Nicola Sellitti

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