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Lia Quartapelle: “Non esistono scorciatoie emotive nella politica”

Con Lia Quartapelle, deputata del Partito democratico e vice presidente della Commissione Affari esteri e comunitari facciamo il punto sulle elezioni regionali e sulla qualità della politica

AUTORE: Anna Germoni
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Con Lia Quartapelle, deputata del Partito democratico e vice presidente della Commissione Affari esteri e comunitari facciamo il punto sulle elezioni regionali e sulla qualità della politica. «Credo che il voto in Calabria e nelle Marche confermi una cosa semplice: non esistono scorciatoie emotive nella politica» osserva. «È importante soltanto la qualità della proposta. In Calabria l’affluenza è stata bassissima, segno che una parte importante di cittadini non crede più che la politica possa incidere sulla sua vita. In Toscana invece il Pd ha tenuto e lo ha fatto proprio dove si è lavorato in modo concreto, radicato, con proposte locali e amministratori credibili. Questo dimostra che quando la nostra azione politica è seria e coerente, i risultati arrivano. Quando parliamo con chiarezza e pragmatismo dei problemi reali – lavoro, sanità, casa, sicurezza – le persone ci ascoltano. Ogni regione ha una storia diversa, ma il segnale della Toscana è incoraggiante: dove il Pd è radicato, dove c’è un lavoro collettivo serio e dove si costruisce fiducia, i cittadini rispondono».

La Toscana è stata però contagiata dal trend nazionale dell’astensionismo (ha votato il 47,7% contro il 62% delle passate elezioni, record negativo). «Anche per questo motivo, dobbiamo impegnarci a vincere dove è possibile, parlando di sanità, scuola, lavoro, sostenibilità» replica Quartapelle. «Quando ci perdiamo nelle etichette perdiamo tutti, anche gli elettori più convinti. Il Pd dev’essere il partito che unisce chi vuole cambiare le cose con quanti chiedono stabilità, rassicurazione. È questo l’equilibrio che dobbiamo ricostruire».

Parlando della funzione della politica e della sua autorevolezza, la deputata riformista dem ammette che «esiste un problema generale di credibilità della politica. Troppi cittadini hanno la sensazione che nulla cambi, qualunque cosa votino. È una sfida enorme, che richiede serietà e continuità. La politica deve tornare a essere una funzione utile, non soltanto un’arena di scontro o di comunicazione. Per questo servono risultati concreti: asili, ospedali, trasporti migliori, risposte vere sul costo della vita. La fiducia si ricostruisce solo così». L’astensionismo è una vera e propria spina nel fianco della democrazia e del ‘campo largo’, ma Quartapelle sostiene che non sia solo una questione di delusione interna e di disagio dem: «C’è una parte dell’elettorato di centrosinistra che oggi non trova un linguaggio in cui riconoscersi. Il ‘campo largo’ ha senso se è un progetto politico, non se è un accordo tattico. Se vogliamo che chi non ci vota torni a farlo, dobbiamo mostrare che insieme possiamo migliorare la vita delle persone e non solo che possiamo sommare percentuali».

Quanto alla grande partecipazione delle piazze, che però sembra non tradursi in voti per il centrosinistra, la deputata riconosce che «le piazze non votano se non sentono un legame tra la protesta e la proposta. Le mobilitazioni sono segnali importanti, ma restano nelle piazze se la politica non li traduce in risposte concrete. Il compito del Pd è proprio questo: unire l’energia delle piazze a un progetto di governo che migliori la vita delle persone. Senza questo passaggio ogni ondata emotiva si esaurisce. E credo che i risultati elettorali lo abbiano dimostrato chiaramente. Servono più ascolto, concretezza e prossimità».

Quando infine le chiediamo un’analisi seria sulla crisi interna del Partito democratico e sull’incapacità del centrosinistra di parlare alla gente e soprattutto cogliere i suoi problemi (dall’integrazione dei migranti alla tenuta dell’equilibrio sociale, dalla disoccupazione alla sanità) Quartapelle non si sottrae: «Dobbiamo stare nei luoghi dove la gente vive e lavora. Dobbiamo parlare di sanità con chi non trova un medico, di sicurezza con chi la vive come paura quotidiana, di integrazione con chi si sente lasciato solo a gestirla. Non basta dire “Abbiamo ragione”: dobbiamo far vedere che sappiamo fare».

di Anna Germoni

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