Niente futuro senza formazione e fatica. Parla la rettrice Bicocca
Le parole di Giovanna Iannantuoni, rettrice dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Tanti i temi affrontati: dal ritardo in termini di formazione dell’Italia alle proteste
L’Università degli Studi di Milano-Bicocca sorge in un’area un tempo ricoperta di fabbriche. L’ateneo, nato nel 1998 in concomitanza con la riqualificazione della zona, si sviluppa su un’area strutturata con l’idea dei ‘campus aperti’ all’americana, integrati nel tessuto urbano. Lì dove c’era un pezzo della “Città delle fabbriche” della vicina Sesto San Giovanni, oggi si allenano cervelli e competenze: affascinante.
La rettrice Giovanna Iannantuoni affronta senza mezzi termini un tema a noi caro: il grave ritardo in termini di formazione dell’Italia. «La nostra formazione universitaria è la meno finanziata d’Europa, quindi siamo nella stessa posizione che ci vede avere meno laureati di tutti. L’investimento per singolo studente è di 15mila euro, in Germania di 24mila, in Francia di quasi 20mila. Per quanto investiamo, i nostri risultati sono in effetti ottimi…».
«Pensate al rapporto professori-studenti: in media è fra 1 per 18 e 1 per 19. Nelle telematiche schizza addirittura a 1 per 300 studenti. Al Mit di Boston c’è un professore ogni tre studenti, a Cambridge uno ogni cinque. Certo, sono università super top ma è al meglio che si deve tendere».
In un contesto del genere, risulta arduo garantire pari opportunità di partenza: «Con una popolazione formata di più e meglio produrremmo più Pil. Del resto, basti pensare che una donna su due non lavora. Vuol dire che abbiamo idee meravigliose e sprecate nella testa e nel cuore di tante donne».
Giovanna Iannantuoni sottolinea: «Per formare meglio, è inevitabile passare dalla selezione, molto impopolare in Italia. Ho lavorato dodici anni in Paesi in cui l’approccio alla selezione inizia presto, con un orientamento già dalla scuola elementare, in modo da scovare il talento in ogni ragazza e ragazzo. Noi cominciamo tardi e così la selezione finisce per essere percepita indigeribile e ingiusta. La strada non è semplice: è quella della fatica. Le soddisfazioni sono però meravigliose».
Quanto ai recenti dati sui trentenni che restano a casa dei genitori è inevitabile: «Il nostro compito è rendere autonomi i figli, non c’è niente di più bello che vederli realizzare un loro sogno, non il nostro. Lo dico da mamma: sarà dura lasciare andare la mia Chiara ma lo farò. E per quanto riguarda le ragazze, Elizabeth Blackwell, prima donna medico a metà Ottocento a New York diceva: “Se la società non funziona non è un problema nostro, ma un problema della società che non ci dà le regole per realizzare noi stesse”».
Parlando delle proteste, «Anche in qualità di presidente del Consiglio dei rettori italiani (Crui), ho difeso il principio degli atenei come luogo di libertà, ma libertà significa accettare il confronto – che può essere duro – e non negare il dibattito. Si parla e poi si ascolta». «All’interno delle università la quota di studenti che protesta in modo veemente è piccola, poi ci sono delle associazioni studentesche più ampie e infine quelli che vengono da fuori e non c’entrano niente».
di Fulvio Giuliani
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