Nel corso dell’audizione di ieri presso le Commissioni Cultura di Camera e Senato Angelo Mazzetti, responsabile affari istituzionali di Meta, ha raccontato che Siae avrebbe chiesto alla sua azienda una cifra 4 volte superiore a quella del precedente accordo. Sia come sia, l’epica battaglia fra il colosso di Zuckerberg e i guardiani dei diritti d’autore ha scatenato un ciclone sull’intero settore, che l’anno scorso aveva incassato circa 20 milioni dai soli social Meta.
Enzo Mazza, ceo di Fimi (Federazione dell’industria musicale italiana), non va per il sottile: «Da quando si è verificata la rottura perdiamo qualche decina di migliaia di euro al giorno. La situazione resta confusa e non si riesce a capire cosa succeda». Se la musica straniera e sotto l’ala di Soundreef sono ripartite, si segnalano ancora problemi.
I contenuti creati precedentemente sono muti, in attesa del tavolo convocato dal governo per il 6 aprile. «Quello che colpisce – continua Mazza – è il fatto che le case discografiche, sia major che indipendenti, avevano tutte accordi di licenza con Meta e non c’erano problemi. Nessuno è stato informato di quello che sarebbe successo, se non poche ore prima e solo da Siae». Facile immaginare il danno per gli artisti con brani in uscita e per i creator: «Un business devastato, essendo basato sulla sincronizzazione della musica con i propri contenuti video. Le aziende che avevano acquistato contenuti discografici per campagne social sono tutte ferme».
di Federico Arduini