Il 6 novembre di 99 anni fa, George Herbert, V conte di Carnarvon, ricevette un telegramma che segnò uno dei momenti più memorabili della storia dell’archeologia: «Finalmente è stata fatta una meravigliosa scoperta nella Valle, una magnifica tomba con i sigilli intatti. Ricoperto il tutto in attesa del vostro arrivo; congratulazioni!».
Lord Carnarvon si trovava nella sua splendida tenuta di Highclere Castle, oggi nota ai più come l’ambientazione principale della serie televisiva dal meritato successo “Downton Abbey”. Il mittente del telegramma era allora un piuttosto sconosciuto Howard Carter, che comunicava al suo finanziatore di aver scoperto nella Valle dei Re quello che si sarebbe in seguito dimostrato essere il sepolcro di Tutankhamon.
All’inizio del XX secolo, Tutankhamon era uno dei pochi faraoni del Nuovo Regno la cui sepoltura e mummia non erano state ancora identificate, motivo per cui Carter fece di tale ricerca, in un certo senso, la sua ragione di vita. Quello che l’archeologo non sapeva ancora era il fatto che la tomba del sovrano dimorasse praticamente intatta, essendo stata saccheggiata solo due volte in antichità. È il motivo per cui il sepolcro restituì un ricchissimo corredo funerario in ottimo stato di conservazione. Tale era la quantità di oggetti che dieci anni dopo la scoperta gli archeologi conducevano ancora operazioni di sgombero e catalogazione.
Nonostante la diffusione di una infondata leggenda, nota come “Maledizione del Re Tut”, furono molti quelli che sull’onda mediatica che seguì l’eccezionale ritrovamento vollero recarsi in Egitto. Tra questi, semplici viaggiatori, ma anche personaggi illustri e teste coronate di tutto il mondo, dalla regina Elisabetta del Belgio al re dell’Afghanistan Amanullah così come teste non ancora ‘pienamente’ coronate come il futuro Umberto II di Savoia che, quando visitò l’Egitto nel 1927, era ancora Principe di Piemonte.
Le tappe della scoperta e le biografie dei personaggi implicati sono note anche a un pubblico di non esperti, e non necessitano qui di alcun richiamo. Tuttavia, vorremmo piuttosto sottolineare che, senza lasciarci abbagliare dallo scintillante splendore della massiccia presenza dell’oro, a differenza di quanto comunemente si pensa, il corredo della tomba di Tutankhamon non deve essere interpretato come un unicum. È infatti possibile rintracciare negli elementi dei corredi funerari degli altri ipogei della Valle dei Re appartenenti ai predecessori di Tutankhamon – come Thutmosi III o Amenhotep II – le stesse tipologie e, mutatis mutandis, persino gli stessi princìpi sottesi alla realizzazione di molti manufatti portati alla luce nella tomba del sovrano.
Con questo, lungi da noi il voler sminuire in alcun modo l’eccezionalità della scoperta: si è trattato di un evento senza precedenti nella storia dell’archeologia e di rilevanza straordinaria, come dimostra l’interesse che destano ancora, a un secolo di distanza, il ‘faraone-fanciullo’ e la sua ultima dimora dorata.
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Tag: Arte, televisione
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