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Anche i Queen nel mirino del politically correct

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Fat Bottomed Girls, singolo del 1978 dei Queen, è finito nel mirino del politically correct e ritenuto offensivo per le ragazze oversize

Fat Bottomed Girls

Anche i Queen nel mirino del politically correct

Fat Bottomed Girls, singolo del 1978 dei Queen, è finito nel mirino del politically correct e ritenuto offensivo per le ragazze oversize

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Anche i Queen nel mirino del politically correct

Fat Bottomed Girls, singolo del 1978 dei Queen, è finito nel mirino del politically correct e ritenuto offensivo per le ragazze oversize

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Un brano di 45 anni fa con riferimento alle ragazze in sovrappeso. Nell’era dell’utilizzo decisamente estensivo dell’espressione “politically correct” ecco ora il caso di Fat Bottomed Girls, singolo del 1978 dei Queen (primo estratto del settimo album, “Jazz”), ma poi finito nel Greatest Hits (il primo) della band inglese tre anni dopo: secondo quanto ha scritto in anteprima il Daily Mail, il brano sarebbe stato bannato dalla piattaforma Yuto, un punto di riferimento per i giovanissimi, perché ritenuto offensivo per le ragazze oversize.

Il brano fu scritto da Brian May, chitarrista dei Queen, per raccontare in modo assai spregiudicato e irriverente (cantando la controversa immagine delle donne nude in sella a una bici, in particolare delle groupie) la passione di Freddie Mercury per le ragazze e i ragazzi in carne. In un’intervista di poco più di dieci anni fa lo stesso May ha raccontato che era una cosa da ragazzi e che in età matura forse non l’avrebbe scritta.

Il punto è che resta un brano figlio degli anni ‘70, forse un po’ eccessivo ma la pratica della rimozione forse davvero sta andando un po’ oltre. La piattaforma Yuto sottolinea che “alcuni testi contengono riferimenti a temi adulti”, tra cui “Fat Bottomed Girls”, offensiva al punto da meritarsi l’esclusione dalla tracklist. Ma può una canzone, irriverente e un po’ al limite, nell’era della trap, dello sdoganamento del sesso, essere ritenuta non accettabile?

Utilizzando questo metro d’azione, andrebbe bannata, messa da parte buona parte della produzione degli anni ‘70 o almeno quella successiva a Woodstock. Per dire, una buona fetta della discografia dei Rolling Stones, uno dei simboli di anticonformismo e ribellione giovanile. Due anni fa la band di Jagger e Richards è stata costretta a piegarsi al neo-moralismo della correttezza politica a proposito del testo di Brown Sugar, leggendario brano che apre Sticky Fingers (1971) e i riferimenti nel testo alla schiavitù del cotone venduta a New Orleans. Lo stesso album, solo per ricordare che tempi fossero, fu pubblicato con una copertina ideata da Andy Warhol, con un paio di jeans attillati con rigonfiamento nelle parti basse e una zip che si chiude. Dal 2019 non è stata più suonata dal vivo dagli Stones.

E’ una deriva pericolosa applicare il metro contemporaneo a testi dei brani, seppur irriverenti, eccessivi, in alcuni casi anche offensivi, sono decisamente figli del tempo in cui sono stati concepiti e suonati. Come la presunta “machista” Just Like a Woman di Bob Dylan del 1966, come dipinti famosi che espongono membri maschili o pellicole come Via col Vento, realizzata nel 1939, che HBO voleva rimuovere dal suo catalogo in quanto razzista. Non si sta esagerando?

di Nicola Sellitti

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