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L’antico Egitto, le donne e il potere

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La storia dell’antico Egitto è costellata di celebri figure femminili come la potente Nitocris dell’Antico Regno

Antico egitto

L’antico Egitto, le donne e il potere

La storia dell’antico Egitto è costellata di celebri figure femminili come la potente Nitocris dell’Antico Regno

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L’antico Egitto, le donne e il potere

La storia dell’antico Egitto è costellata di celebri figure femminili come la potente Nitocris dell’Antico Regno

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«L’unica, l’amata, la senza pari»: così è descritta la donna nelle “Liriche d’Amore dell’antico Egitto”, che raccontano di una figura libera e indipendente nelle proprie scelte, ma allo stesso tempo affascinante quanto intrigante e motivo di facile confusione e pena per l’innamorato non ricambiato. Quanto questo fosse vero nella realtà è un tema oggetto di dibattito. Se essere madre era un modo sicuro per garantirsi uno status sociale, la donna godeva comunque di una significativa indipendenza morale e spesso finanziaria. Se non si può parlare di uguaglianza fra uomo e donna nel senso moderno del termine, è innegabilmente riconoscibile una complementarità nei compiti a cui questi erano votati, costituendo una significativa garanzia per l’ordine sociale di cui entrambi erano elementi attivi.

La storia egizia è costellata di celebri figure femminili come la potente Nitocris dell’Antico Regno; l’affascinante Nefertiti, sposa del faraone eretico adoratore del sole Akhenaton; l’immensamente amata da Ramesse II, Nefertari, sino all’ultima sovrana d’Egitto Cleopatra, tanto ambiziosa e politicamente impegnata che avrebbe fatto impallidire anche la contessa di Castiglione. Fra tutte, la figura femminile più controversa della storia egizia fu sicuramente Hatshepsut (1513/1507 a.C. circa – 1458 a.C.). Ella non si limitò a essere regina ma – approfittando della reggenza in vece del figliastro, il futuro Thutmosi III – regnò per numerosi anni come un sovrano, assumendone titolatura e insegne. Per sottolineare il suo potere in qualità di faraone arrivò addirittura a farsi rappresentare nella statuaria con fattezze maschili e sotto forma di sfinge, ipostasi animale riservata ai sovrani maschili. Venne poi punita e condannata all’oblio della damnatio memoriae, a voler cancellare un episodio tanto insolito – e fortemente scomodo – nella storia del potere faraonico.

Come tutte le civiltà orientali, anche l’Egitto era costellato di harem, perlopiù regali: luoghi di cospiratrici e donne intriganti, di alcune delle quali conosciamo anche l’identità. Esempio eclatante quello della regina Tiye (una delle numerose spose di Ramesse III), che organizzò una vera e propria congiura all’interno dell’harem per favorire l’ascesa al trono del proprio figlio, che non avrebbe avuto diritti dinastici in linea diretta. La donna strinse legami con ufficiali, dignitari e funzionari d’ogni livello dell’amministrazione. Siamo nel 1155 a.C. e il resoconto dettagliato degli avvenimenti è presente su un papiro conservato al Museo Egizio di Torino (ribattezzato “Papiro giuridico di Torino”) che elenca i processi, le accuse e le condanne che seguirono ai fatti della congiura. La trama è fitta quanto affascinante e include concubine ammaliatrici e sedicenti maghi per formulare sortilegi e maledizioni.

Donne leggiadre, dunque, e figure quasi mitologiche quelle femminili dell’antico Egitto, ma spesso a tinte fosche. Similitudini con l’attualità che stiamo vivendo? In tutta franchezza, altro livello e comunque ai posteri l’ardua sentenza.

di Christian Orsenigo

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