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tajani stati generali della cultura

Antonio Tajani agli Stati Generali della Cultura

L’intervento del ministro degli Esteri agli Stati Generali della Cultura di Milano, lascia non pochi dubbi su quale sia la considerazione del comparto per la politica
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Quando più investimenti, richiesti a gran voce, per la cultura in Italia? Alla fatidica domanda ha risposto questa mattina il ministro degli Esteri Antonio Tajani, ospite di apertura agli Stati Generali della Cultura del Gruppo 24ore: “La volontà politica c’è ma esiste anche un problema di tipo economico-finanziario con l’inflazione così alta”. E ha aggiunto: “L’esecutivo sta lavorando perché si possa, con la prossima finanziaria, investire di più negli Istituti di cultura italiana”.

Nella prima tappa meneghina (domani a Torino il secondo appuntamento con il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano) non potevano mancare le parole del sindaco Giuseppe Sala che, come i suoi colleghi, non ha affatto nascosto le difficoltà economiche e sociali oggettive che ostacolano un coinvolgimento totale ‘di chi comanda’ alle questioni culturali odierne.

Dulcis in fundo, un maldestro tentativo di deresponsabilizzazione diventato quasi un cliché del ministro Tajani: “Si potrebbe fare di più, non ci sono state in passato grandi azioni di promozione su questo fronte, tenendo presente che la cultura serve anche a incrementare le presenze turistiche nel nostro Paese”.

Sorvolando sulla veridicità o meno di quest’affermazione, eventi come il Salone della Cultura sono utili a far luce sul buio che spesso (e malvolentieri) avvolge un comparto che a furia di essere trattato da serie B ha finito per generare prodotti da serie B. Se le intenzioni possono essere lodevoli, non tutto ciò che va sotto l’etichetta di cultura o prodotto/evento culturale ha davvero il potenziale per dare un valore aggiunto all’intera comunità. L’intervento del ministro Tajani, certamente antecedente ai gravi fatti di cronaca delle ultime settimane, ne è un esempio calzante.

Cosa può dire di davvero significativo il ministro degli Esteri ad un evento di questo tipo, pur considerando il ricco palinsesto di relatori, aziende, imprenditori del Made in Italy, che hanno calcato il palco quest’oggi? Può farci sentire davvero orgogliosi sapere che il documentario di Pupi Avati su Dante Alighieri è ora diffuso e celebre tra il gotha cinese grazie alla collaborazione nata in seguito all’incontro fra Tajani e il ministro del Commercio cinese Wang Yi?

Viene da chiedersi se possa valere anche in questo caso il detto “nel bene o nel male purché se ne parli” o se non si rischia di uscire fuori dal tracciato, di scadere nella retorica e di utilizzare artifici per sfuggire al problema: la cultura, come gran parte delle cose, ha bisogno di soldi. Ma anche di tanta attenzione e rispetto, evitando di allargare sempre più la forbice tra cultura di massa e quella elitaria, “utilizzando” ancora Dante Alighieri come vessillo nazionale di cultura vera mentre il mondo fuori (sì, anche quello fatto dai giovani precari che lavorano nel campo culturale) può solo stare a guardare.

Bene, parliamo di cultura. Ma la cultura di e per tutti.

di Raffaela Mercurio

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