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Casino dell'Aurora, Roma

Asta deserta: nessuno vuol comprare quel Caravaggio

Era stata definita “l’asta del secolo” quella per la vendita di Casino dell’Aurora, storica villa al cui interno è presente l’unico dipinto murale di Caravaggio, ma si è rivelata un flop. E non è un caso isolato.
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Asta deserta: nessuno vuol comprare quel Caravaggio

Era stata definita “l’asta del secolo” quella per la vendita di Casino dell’Aurora, storica villa al cui interno è presente l’unico dipinto murale di Caravaggio, ma si è rivelata un flop. E non è un caso isolato.
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Asta deserta: nessuno vuol comprare quel Caravaggio

Era stata definita “l’asta del secolo” quella per la vendita di Casino dell’Aurora, storica villa al cui interno è presente l’unico dipinto murale di Caravaggio, ma si è rivelata un flop. E non è un caso isolato.
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Era stata definita “l’asta del secolo” quella per la vendita di Casino dell’Aurora, storica villa al cui interno è presente l’unico dipinto murale di Caravaggio, ma si è rivelata un flop. E non è un caso isolato.
Altro che “asta del secolo”. Semmai, “asta flop del secolo”. Ne avevamo già parlato in questo articolo del 29 dicembre: Casino dell’Aurora, complesso seicentesco appartenuto alla famiglia Lodovisi collocato in una delle zone più eleganti di Roma, era stato messo all’asta dopo la morte dell’ultimo erede, il Principe Nicolò. Al suo interno, l’unico dipinto murale di Caravaggio al mondo: “Giove, Nettuno e Plutone” un affresco realizzato dal maestro nel 1597.  La cifra di partenza dell’asta tenutasi il 18 gennaio era di 471 milioni di euro di partenza, con un’offerta minima di 353 milioni di euro. Il tutto nell’arco di 24 ore. Non c’è stato bisogno di aspettare così tanto, né di rilanciare urlando cifre spropositate come nei film. L’asta era deserta ed è stata rimandata al 7 aprile 2022 con una cifra ribassata del 20% La vicenda genera stupore, ma anche no. Nonostante sia stata seguita molto da vicino anche dai media americani per via delle origini statunitensi della vedova del Principe Nicolò, Rita Jenrette, che avevano generato hype sul fatto spifferando nomi del calibro di Bill Gates o emiri del Qatar come papabili acquirenti, il prezzo di base era stato considerato già esorbitante. O per dirla all’americana: “astronomic price”. Inoltre, anche tenuto conto dello splendore artistico presente all’interno della dependance, si tratta comunque di un bene amovibile, dettaglio che per ovvie ragioni  penalizza l’investimento di un potenziale acquirente. La Soprintendenza Speciale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Roma ha richiesto infatti il restauro dei beni architettonici ed artistici da parte del futuro acquirente il cui costo si aggira intorno agli 11 milioni di euro Sul sito ufficiale dell’asta si specifica inoltre che “l’acquisto è soggetto alla condizione sospensiva del mancato esercizio della prelazione da parte dello Stato” che non ha esercitato questo suo diritto fino ad ora. Di fatto, si rifiuta di partecipare all’asta abbandonando così l’idea di un ritorno alla collettività di Casino dell’Aurora. Un remake di una storia già vista come quella accaduta nel 2020 per l’isola di Gallinara, sulla riviera ligure di Ponente. Nel settembre di quell’anno, al fotofinish, lo Stato decise di esercitare il diritto di prelazione su una parte dell’isola ricca di ville padronali di altissimo valore storico-artistico con l’obiettivo di renderli fruibili ed aperti a tutti. Un gesto magnanimo arrivato però quasi allo scadere del tempo dato che la trattativa per l’acquisto era in fase di ultimazione da parte di Olexandr Boguslayev, miliardario ucraino figlio del presidente della Motor Sich, storico fornitore dell’aviazione russa. In questa come nella recente vicenda di Casino dell’Aurora è stato il sollevarsi dell’indignazione dell’opinione pubblica a cambiare le carte in tavola, smuovendo l’orgoglio nazionale a ri-accaparrarsi ciò che ci appartiene ma che non abbiamo cura di preservare dagli “attacchi esterni” dei ricchi stranieri innamorati della nostra arte. Gli unici, a quanto pare.   di Raffaela Mercurio  

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