Il Museo Gypsotheca “Antonio Canova” e il Comune di Possagno promuovono una battaglia contro la censura gli algoritmi social, incapaci di distinguere il nudo artistico dal nudo pornografico, tanto da vietare alcune immagini delle opere di Canova.
Il Museo Gypsotheca “Antonio Canova” e il Comune di Possagno promuovono una battaglia contro la censura gli algoritmi social, incapaci di distinguere il nudo artistico dal nudo pornografico, tanto da vietare alcune immagini delle opere di Canova.
Il Museo Gypsotheca “Antonio Canova” e il Comune di Possagno promuovono una battaglia contro la censura gli algoritmi social, incapaci di distinguere il nudo artistico dal nudo pornografico, tanto da vietare alcune immagini delle opere di Canova.
Il Museo Gypsotheca “Antonio Canova” e il Comune di Possagno promuovono una battaglia contro la censura gli algoritmi social, incapaci di distinguere il nudo artistico dal nudo pornografico, tanto da vietare alcune immagini delle opere di Canova.
Il Museo Gypsotheca “Antonio Canova” di Possagno è uno scrigno che racchiude la grande eredità storica e artistica del massimo esponente del Neoclassicismo; all’interno vengono conservati i modelli originali in gesso delle sue opere, oggi diffuse nei più grandi musei del mondo. Lo scopo di questa realtà è quello di tramandare al grande pubblico la genialità e le opere di Canova; una missione portata avanti anche grazie all’uso dei social o, per meglio dire, che vorrebbe poter contare su questi nuovi strumenti di comunicazione.
Accade purtroppo che dal 2019 sia in corso una battaglia promossa dal Museo e dal Comune di Possagno per contrastare l’assurda censura che ha visto colpire le immagini delle opere di Canova. Di chi la colpa? Beh, degli algoritmi di sicurezza. Pare infatti che i sistemi di calcolo studiati dai social network per valutare l’appropriatezza o meno delle foto pubblicate non riesca a distinguere i nudi artistici e i nudi pornografici, finendo per oscurare i corpi senza veli scolpiti da uno dei più grandi artisti della storia (quest’anno si celebra peraltro il bicentenario canoviano) perché ritenuti inadatti al grande pubblico tanto quanto immagini tratte da film a luci rosse.
Una falla che dimostra la fragilità di un sistema basato sulla pura e semplice matematica, incapace di riconoscere la bellezza ma autorizzato a decidere se un’opera d’arte vada segnalata in quanto non rispettosa delle linee guida stabilite dalla cosiddetta community. Quando si dice una “censura ad arte”.
Di Matteo Bizzotto Montieni
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