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Cento anni fa la vicenda di Gino Girolimoni

Per decenni la pedofilia è stata associata a Gino Girolimoni. Era il marzo 1924 quando un uomo divenne orco pur non essendolo mai

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Cento anni fa la vicenda di Gino Girolimoni

Per decenni la pedofilia è stata associata a Gino Girolimoni. Era il marzo 1924 quando un uomo divenne orco pur non essendolo mai

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Cento anni fa la vicenda di Gino Girolimoni

Per decenni la pedofilia è stata associata a Gino Girolimoni. Era il marzo 1924 quando un uomo divenne orco pur non essendolo mai

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Per decenni la pedofilia è stata associata a Gino Girolimoni. Era il marzo 1924 quando un uomo divenne orco pur non essendolo mai

Almeno tre generazioni, a essere prudenti, sono cresciute usando il nome di un uomo per indicare il più turpe dei reati. Sei o sette decenni durante cui la pedofilia è sembrata quasi non esistere nel vocabolario degli italiani: un tale finito in carcere per aver violentato una ragazzina era “un Girolimoni” e basta.

Il cognome di un uomo che si trasforma in un marchio (in questo caso d’infamia) per indicare un’intera categoria, come lo scotch, come la biro. Con un trascurabilissimo dettaglio: Gino Girolimoni, arrestato come violentatore seriale di minorenni, era innocente.

Roma, fine marzo 1924. Passando accanto a una siepe, una donna sente una vocina lamentarsi. Si accorge che tra i cespugli c’è una bimba di quattro anni terrorizzata, con la gonnellina strappata e chiari segni di brutalità addosso. Si chiama Emma, era scomparsa poche ore prima mentre giocava ai giardinetti in piazza Cavour. Portata in ospedale, si salverà.

Intanto il tam tam del quartiere diffonde un primo identikit alla buona del violentatore: sulla cinquantina, alto e magro. Un paio di mesi dopo succede ancora: qualcuno cerca di rapire una piccola di due anni, ma lei urla così forte da far saltare i piani dell’orco. Lo stesso giorno scompare un’altra bambina di quattro anni, che verrà ritrovata cadavere (nuda, strangolata e violentata) dodici ore dopo. La gente di quartiere racconta di averla vista per mano con un signore sui cinquant’anni, alto e distinto. Sulla città cala una cappa di terrore palpabile, le famiglie chiudono in casa le bambine, la gente organizza ronde, un colonnello in pensione finisce quasi linciato perché in piazza Vittorio si era soffermato a giocare con una ragazzina.

Qualcuno si convince che il mostro possa essere un vetturino un po’ balordo: i suoi colleghi lo fanno cadere in contraddizione, arrivano a pestarlo e torturarlo finché lui si convince di essere il mostro e si autoaccusa pur essendo innocente. Quando si suicida, la gente pensa di essere finalmente fuori dall’incubo.

E invece no. Ogni paio di mesi salta fuori una bimbetta brutalizzata su cui piangere. Poi un giorno un oste si dice sicuro di aver riconosciuto l’uomo entrato nella sua locanda tenendo per mano l’ultima bambina uccisa, mentre con l’altra si tamponava un foruncolo purulento sul collo: «Lo conosco, è Girolimoni». Gino Girolimoni ha 35 anni e mille lavori (onesti) alle spalle. È single e ama la bella vita. Il suo passato viene radiografato a caccia di indizi rivelatori, finché non si scopre che frequenta una dodicenne che riempie di caramelle. Tanto basta per farne il mostro perfetto. E a nulla serve che un uomo si presenti alla polizia dicendo di essere lui il tipo col foruncolo, entrato nella locanda tenendo per mano sua figlia: non viene creduto. Non conta neanche sapere che la dodicenne riceve caramelle per portare i messaggi d’amore di Girolimoni alla donna presso cui lavora come ‘servetta’. Da quando è in carcere Girolimoni nessuna bambina viene più rapita dall’orco. Dunque il mostro non può essere che lui.

Mussolini dà ordine che dell’orco non si parli più, così soltanto un quotidiano (il 10 marzo 1928) dedicherà una manciata di righe a una notizia come questa: «Tale Gino Girolimoni è assolto da ogni accusa, su conforme parere del pubblico ministero Marinangeli, per non aver commesso il fatto». Lui torna libero, ma la sua vita non sarà più la stessa. Morirà a Roma nel 1961, a 72 anni. Ai funerali nessun parente, giusto un paio di amici. Sepolto al Verano nella tomba di un conoscente, i suoi resti verranno esumati dopo qualche anno e interrati nell’ossario comune.

di Valentino Maimone

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