Come nacque la foto più iconica dei Beatles
Storia della fotografica più iconica dei Beatles: le strisce pedonali di Abbey Road, diventate poi leggenda. Uno scatto che compie 55 anni
Come nacque la foto più iconica dei Beatles
Storia della fotografica più iconica dei Beatles: le strisce pedonali di Abbey Road, diventate poi leggenda. Uno scatto che compie 55 anni
Come nacque la foto più iconica dei Beatles
Storia della fotografica più iconica dei Beatles: le strisce pedonali di Abbey Road, diventate poi leggenda. Uno scatto che compie 55 anni
Storia della fotografica più iconica dei Beatles: le strisce pedonali di Abbey Road, diventate poi leggenda. Uno scatto che compie 55 anni
Nel 1966 esce un libro dal titolo “The book of London”. È una raccolta di scatti fotografici della capitale del Regno Unito, realizzata da un fotografo scozzese di nome Ian Mcmillan. Una copia fa bella mostra di sé in una casa al 34 di Montagu Square, nella zona di Marylebone, a Londra, i cui proprietari si chiamano John Lennon e Yoko Ono. Yoko ha acquistato il libro di Macmillan e ne è rimasta impressionata, tanto da consigliare a John di prendere in considerazione quel fotografo così talentuoso. L’occasione arriverà tre anni dopo.
I Beatles stanno per terminare quello che sarà il loro penultimo album, “Abbey Road”, dal nome della strada dove sono ubicati gli studi in cui il disco è stato realizzato. Quel lavoro ha avuto una gestazione complicata: la band – almeno per come il mondo l’ha conosciuta – praticamente già non esiste più, con i membri divisi fra futuri progetti solisti e divergenze di vedute sulla gestione della loro fortuna. Terminate le sessioni di incisione, è arrivato il momento di pensare all’immagine per la copertina dell’album. Ed è a questo punto che Lennon contatta Mcmillan. Il quale ha una visione chiara per la cover: pochi scatti da effettuarsi proprio ad Abbey Road, con i Beatles che camminano per strada.
E così 55 anni fa – l’8 agosto 1969 – armato della sua Hasselblad, il fotografo immortala i musicisti in sei pose mentre attraversano le strisce pedonali, nell’atto di lasciare lo studio. La scelta finale cade sulla quinta fotografia, dove i quattro sono perfettamente allineati. E qui prende il via un’altra vicenda.
Dall’inizio del 1969 aveva iniziato a circolare una strana diceria riguardante la morte di Paul McCartney. Secondo i sostenitori della tesi, denominata P. i. D. (acronimo di “Paul is Dead” cioè Paul è morto), il bassista era scomparso in un incidente d’auto nel 1966 ed era stato sostituito da un sosia. Con gli altri Beatles che, tramite numerosi indizi nascosti nei loro brani, avrebbero indirettamente confermato la fondatezza della storia. Così, quando “Abbey Road” arriva sugli scaffali, lo scatto di Mcmillan viene passato al setaccio. Per i fanatici del complotto, quella foto altro non è che la rappresentazione allegorica del funerale di McCartney.
Andiamo per ordine: Paul è scalzo, chiaro riferimento all’usanza britannica di seppellire i morti senza scarpe. John Lennon – da par suo, in abito bianco – rappresenterebbe il celebrante della cerimonia. Ringo, con il suo vestito scuro, sarebbe il portatore della bara, mentre George, con il suo look più casual, interpreterebbe il becchino in abito da lavoro. E non finisce qui: la targa del ‘maggiolino’ bianco che si vede parcheggiato sulla sinistra (28 IF) indicherebbe l’età di McCartney se fosse stato vivo in quel momento: 28 anni, “if” (in inglese “se”). Prova regina sarebbe poi la sigaretta che lo stesso McCartney tiene nella mano destra, una circostanza anomala, considerato che ‘il vero Paul’ è mancino. Più altre strampalate interpretazioni di ulteriori elementi presenti nella foto che, al massimo, potrebbero strappare un sorriso.
In realtà quello scatto, divenuto iconico, citato e ripreso innumerevoli volte nella cultura pop (persino da McCartney stesso in un paio di occasioni, per ironizzare sulla sua presunta morte) ed entrato nell’immaginario collettivo, altro non è che la testimonianza della fine di un’epoca. Soltanto otto mesi dopo, infatti, i Beatles si separeranno definitivamente. Quell’immagine ha ulteriormente contribuito a consacrarli nel mito. E i miti, si sa, vivono per sempre.
di Stefano Faina e Silvio Napolitano
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