Democrazia e fotografia
| Cultura
Miliardi di dilettanti fotografi, armati di smartphone, duellano coi professionisti. Mai l’umanità si è tanto fotografata, distruggendo il mercato delle macchine fotografiche e facendo saltare ogni concetto di privacy.

Democrazia e fotografia
Miliardi di dilettanti fotografi, armati di smartphone, duellano coi professionisti. Mai l’umanità si è tanto fotografata, distruggendo il mercato delle macchine fotografiche e facendo saltare ogni concetto di privacy.
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Democrazia e fotografia
Miliardi di dilettanti fotografi, armati di smartphone, duellano coi professionisti. Mai l’umanità si è tanto fotografata, distruggendo il mercato delle macchine fotografiche e facendo saltare ogni concetto di privacy.
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Mille miliardi di foto vengono scattate ogni anno dai 6,4 miliardi di smartphone attivi nel mondo. Prima si sono venduti i telefoni cellulari per la mobilità, emblematica opzione del XXI secolo. Poi per l’arrivo degli sms, utili e/o creativi. Quindi si è aggiunta la fotocamera che, anche per la febbre indomabile dei selfie, si è imposta come la funzione più ricercata e sulla quale si è disposti a spendere di più quando si acquista un telefonino.
Le promozioni, le offerte e il marketing degli smartphone puntano adesso tutto sulla fotografia. Aumentano il numero delle fotocamere incorporate, anche oltre 4, per spingere l’utente a risultati sempre più professionali. Per questo il mercato offre lenti supplementari da installare: un fisheye per foto di 180°, un’ottica macro che ingrandisce un dettaglio di 20 volte, un teleobbiettivo che attaccato allo smartphone fuoriesce di quasi una spanna, oppure uno zoom fisico, contrapposto allo ‘zoom digitale’ incorporato che avvicina il soggetto ma ‘sgrana’.
Senza entrare troppo in particolari tecnici, per zoomare (avvicinare il soggetto senza avvicinarsi al soggetto) si può appunto aggiungere uno zoom oppure ingrandire l’immagine ‘digitalmente’. Però più si ingrandisce, più i pixel si allontanano tra loro e meno definita risulta l’immagine. Ecco perché è perennemente in corso la gara fra smartphone a suon di decine di megapixel (milioni di pixel).
Il duello più cruento resta comunque quello fra le macchine fotografiche e gli smartphone. Nella guerra fra i due mercati non c’è storia. Dodici anni fa la vendita di macchine fotografiche raggiunse il picco di 121 milioni di esemplari venduti in un anno. Fu il canto del cigno. Nel giro di dodici mesi si registrò infatti un crollo inarrestabile del mercato: appena 15 milioni di esemplari venduti a fronte dell’acquisto di 1,5 miliardi di smartphone con fotocamera.
Ora l’82% della popolazione mondiale ha in tasca una fotocamera che – con l’aiuto di intelligenza artificiale, di istantanee multiple fra cui scegliere la migliore e di aggiustamenti di ogni tipo in tempo reale – riesce far scattare foto assai dignitose, che fluiscono nei social network (privacy addio), in testate più o meno blasonate e in siti predisposti, dove si depositano per un uso collettivo gratuito (o a poco prezzo).
E i professionisti? In questa che viene chiamata la ‘democratizzazione della fotografia’, si trovano a fronteggiare miliardi di concorrenti amatoriali spesso agguerriti. Ma è un po’ come l’automobile. Ci sono miliardi di automobilisti – magari con macchine che aiutano in ogni evenienza di guida e che alzano il livello medio di abilità e sicurezza – ma poi i professionisti sono quei pochi che gareggiano nei rally e nella Formula Uno. Anche i fotografi professionisti però sono attratti dagli smartphone, con cui si mettono in tasca una fotocamera ormai alla loro altezza ma che può costare fino a un ventesimo di meno.
Un sondaggio in Europa e nel Nord America (2020) rileva infatti che il 64% dei fotografi professionisti scatta con uno smartphone almeno il 50% delle foto personali o di supporto, backstage e autopromozione, mentre due terzi di loro non usa mai lo smartphone per foto professionali. Ancora per poco, assicurano i costruttori di questi ultimi. Poi ci sono le fotocamere per immagini a tre dimensioni e per il riconoscimento facciale. Ma queste sono altre storie.
di Edoardo Fleischner
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Tag: fotografia
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