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Enzo Jannacci

Enzo Jannacci, il genio della scorrettezza

Enzo Jannacci, l’artista che ha tracciato un solco nella musica italiana grazie alla capacità di coniugare sensibilità artistica e costante invenzione linguistico-musicale
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Un talento immenso e spiazzante che ha navigato fra tanti generi diversi perché lui stesso era un genere unico. Vero grande genio della canzone italiana per Roberto Vecchioni, punto di riferimento per Vasco Rossi, il poeta della dignità per tutti: Enzo Jannacci è fra gli artisti che hanno tracciato un solco nella musica italiana grazie alla capacità di coniugare la spiccata sensibilità artistica e umana con la costante invenzione linguistica e musicale, ma non solo. La sua straordinaria carriera è stata ripercorsa in “Enzo Jannacci vengo anch’io” di Giorgio Verdelli (nelle sale fino a domani con Medusa Film), un documentario che ribadisce la straordinaria attualità del cantautore milanese e la sua influenza sugli artisti di oggi.

Fra canzone d’autore e cabaret, rock’n’roll e jazz, teatro e cinema, Jannacci non ha mai smesso di stupire ed emozionare. Sono tante le componenti che hanno reso singolare il suo cammino: la scelta di raccontare gli esclusi, l’innovazione della canzone popolare milanese, le collazioni con artisti del calibro di Dario Fo, Giorgio Strehler e Fiorenzo Carpi. Sia nell’umorismo che nel tragico, l’artista meneghino si è contraddistinto per la sua vena ironica amara e feroce nonché per la sua lucida follia.

«Jannacci è nel mio Dna» conferma Elio, uno dei suoi eredi. Un talento irregolare ma indiscutibilmente unico – c’è chi lo ha definito anche il Buster Keaton dello spettacolo italiano – capace di strappare un sorriso con una canzone struggente e di fare riflettere con un brano divertente.

La sua genialità travolgente è stata rivalutata negli ultimi anni, ma c’è anche un altro aspetto che merita una riflessione: la sua scorrettezza. Da “Veronica” in poi, alcuni brani di Jannacci potrebbero tranquillamente finire nel mirino dei poliziotti del politically correct, i soliti talebani pronti a censurare chi (o cosa) non si adegua alle varie sensibilità. «Sì, è vero, soffrirebbe un po’ il politicamente corretto. Se pensiamo ai testi di alcune sue canzoni…» ammette il regista Verdelli.

«Ma bisogna sottolineare che la sua era una scorrettezza non gratuita, che stava nel respiro della canzone: questo suo parlare come la gente comune ma in modo poetico. Questo è uno degli aspetti straordinari di Jannacci che merita di essere riscoperto. Da questo punto di vista, non è un caso che sia molto amato dai rapper».

di Massimo Balsamo

 

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