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Fellini ‘la dolce vita’ e l’alter ego Mastroianni

“La dolce vita” racconta la storia di una persona smarrita, disperata e confusa. Marcello Mastroianni, l’alter ego di Federico Fellini.
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Fellini ‘la dolce vita’ e l’alter ego Mastroianni

“La dolce vita” racconta la storia di una persona smarrita, disperata e confusa. Marcello Mastroianni, l’alter ego di Federico Fellini.
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Fellini ‘la dolce vita’ e l’alter ego Mastroianni

“La dolce vita” racconta la storia di una persona smarrita, disperata e confusa. Marcello Mastroianni, l’alter ego di Federico Fellini.
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“La dolce vita” racconta la storia di una persona smarrita, disperata e confusa. Marcello Mastroianni, l’alter ego di Federico Fellini.
Dopo avere diretto alcuni film importanti e premiati come “I vitelloni”, “La strada” e “Le notti di Cabiria” Federico Fellini è sollecitato dal suo narcisismo a inventarsi un alter ego che si materializza nella persona di Marcello Mastroianni. All’attore, abitualmente utilizzato dai registi per interpretare figure di giovani seducenti e gentili quanto ingenui, Fellini affida il ruolo del giornalista romagnolo malinconico e mondano che nel film “La dolce vita” nutre ambizioni letterarie e si muove a disagio nel caos rumoroso e trasgressivo del sottomondo della città di Roma, sospesa tra arcaismo e modernità, dove gli uomini, ormai sottomessi alla logica di una società ridotta a consumo di merci, organizzano feste squallide e volgari per ostentare un benessere che non riesce a coprire le ingiustizie e le diseguaglianze che si celano dietro il contraddittorio ‘miracolo economico’. Moraldo Rossi, sceneggiatore, regista, documentarista ma anche amico di Fellini, che frequenta dal 1951 al 1959 – seguendo in particolare la lavorazione dei film che precedono la realizzazione de “La dolce vita” – ha scritto che «a Federico Mastroianni piaceva come piacciono le vetture sportive, l’unico pezzo che non gradiva erano le mani corte da burino e un dito giallo di nicotina». La sua testimonianza trova un riscontro nelle parole di Fellini che intervistato da Giorgio Bocca pochi giorni dopo i fischi e le polemiche alla prima milanese de “La dolce vita”, la sera del 5 febbraio 1960 afferma: «[“La dolce vita”] è un film di una persona smarrita, disperata, confusa. È un’autobiografia. Marcello mi rappresenta dalla testa ai piedi». Dichiarazione di amicizia e stima ricambiata con affetto dall’attore di Fontana Liri, che anche in seguito continuerà a incarnarsi perfettamente nella personalità complessa del maestro di Rimini, che nei suoi film ha sentito in maniera costante – un po’ come il conterraneo Giovanni Pascoli il bisogno di estraniarsi dal mondo che lo circondava, per parlare a sé stesso più che agli altri delle fantasie allucinatorie e delle ossessioni che lo rendevano insicuro e disarmato come un puer aeternus. Ammetterà Mastroianni: «Fellini mi somiglia molto e io gli voglio bene per questo, perché ha i miei stessi difetti, compresa la facilità di dire bugie, che è una manifestazione di fragilità: si promette perché non si ha il coraggio di dire di no, di disilludere gli altri sulle immagini che hanno di te». di Lorenzo Catania

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