Gli scampi del Carnaro e la resa di Fiume
“Il Natale di sangue” è l’opera di Gabriele D’Annunzio che ricorda la presa di Fiume a cui lui stesso partecipò e che qui vogliamo ricordare. La lettera che scrisse a Mussolini, quando era ancora giornalista, e il paradosso che consegnò l’Italia al fascismo.
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Gli scampi del Carnaro e la resa di Fiume
“Il Natale di sangue” è l’opera di Gabriele D’Annunzio che ricorda la presa di Fiume a cui lui stesso partecipò e che qui vogliamo ricordare. La lettera che scrisse a Mussolini, quando era ancora giornalista, e il paradosso che consegnò l’Italia al fascismo.
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Gli scampi del Carnaro e la resa di Fiume
“Il Natale di sangue” è l’opera di Gabriele D’Annunzio che ricorda la presa di Fiume a cui lui stesso partecipò e che qui vogliamo ricordare. La lettera che scrisse a Mussolini, quando era ancora giornalista, e il paradosso che consegnò l’Italia al fascismo.
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“Il Natale di sangue” è l’opera di Gabriele D’Annunzio che ricorda la presa di Fiume a cui lui stesso partecipò e che qui vogliamo ricordare. La lettera che scrisse a Mussolini, quando era ancora giornalista, e il paradosso che consegnò l’Italia al fascismo.
Tre cose per cui vale la pena di vivere: gli scampi del Carnaro, una coppa di champagne Mumm, il triangolo di una donna, quasi bionda quasi bruna. Nella solitudine del Vittoriale un vecchio Gabriele D’Annunzio vergava su carta le emozioni d’una vita.
Uno sconcerto che tracciava una ricorrenza e una sconfitta: la presa di Fiume che lo stesso D’Annunzio compì – con un manipolo di arditi e libertari di ogni risma, dai sindacalisti rivoluzionari ai fascisti per dispetto a Mussolini – nel settembre del 1919. Fu quella la fucina d’una sfida letteraria, più che politica e militare, che si concluderà nei giorni di Natale del 1920, una resa che il poeta ribattezzerà come il “Natale di sangue”.
Per capire di cosa si sia trattato, una gradassata a colpi di Sangue Morlacco più che un atto di guerra, val la pena rammentare la lettera con cui D’Annunzio annunciò a Benito Mussolini (all’epoca ancora giornalista e non duce), la decisione di puntare sul Carnaro: «Mio caro compagno, il dado è tratto. Parto ora. Domattina prenderò Fiume con le armi.
Il Dio d’Italia ci assista. Mi levo dal letto febbricitante. Ma non è possibile differire. Ancora una volta lo spirito domerà la carne miserabile». Il giorno dopo D’Annunzio annuncerà ai fiumani: «Italiani di Fiume!
Nel mondo folle e vile, Fiume è oggi il segno della libertà». Di libertà e di vizi la città ne consumerà molti (i secondi soprattutto), finendo – in un tragico paradosso della storia – per consegnare l’Italia a Mussolini e al fascismo. La beffa delle beffe.
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