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Al cinema, “I dannati” di Roberto Minervini

“I dannati” del regista Roberto Minervini, in sala per accendere i riflettori sulla condizione umana di chi rischia la vita in un conflitto

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Al cinema, “I dannati” di Roberto Minervini

“I dannati” del regista Roberto Minervini, in sala per accendere i riflettori sulla condizione umana di chi rischia la vita in un conflitto

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Al cinema, “I dannati” di Roberto Minervini

“I dannati” del regista Roberto Minervini, in sala per accendere i riflettori sulla condizione umana di chi rischia la vita in un conflitto

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“I dannati” del regista Roberto Minervini, in sala per accendere i riflettori sulla condizione umana di chi rischia la vita in un conflitto

Inverno 1862. La guerra civile americana va avanti da più di un anno. Un manipolo di volontari dell’esercito degli Stati Uniti viene spedito a presidiare e perlustrare delle terre inesplorate del West. Organizzati il campo e le guardie, il gruppo di soldati nordisti – composto da sbarbatelli e da veterani del fucile – resta in attesa di rinforzi dal New Mexico ma verrà travolto dalla stessa missione, tanto da scoprire il senso ultimo del viaggio verso la frontiera.

Fresco vincitore a Cannes del premio per la migliore regia nella sezione un Certain Regarde e subito nelle sale con Lucky Red, “I dannati” segna il ritorno dietro la macchina da presa di Roberto Minervini a sei anni dal suo capolavoro “What You Gonna Do When the World’s on Fire?”., “I dannati” segna il ritorno dietro la macchina da presa di Roberto Minervini a sei anni dal suo capolavoro “What You Gonna Do When the World’s on Fire?”. Il marchigiano residente negli States, tra i più importanti documentaristi del panorama internazionale, si è messo alla prova con un film di finzione, storico, in costume, ma senza sacrificare il realismo e la sfera intima del suo cinema, punto di riferimento per le nuove generazioni.

Il titolo rimanda al genere ma anche al vissuto religioso, a testimonianza del vero obiettivo di Minervini: non realizzare una storia di guerra ma accendere i riflettori sulla condizione umana di chi rischia la vita in un conflitto. Nessuna glorificazione dell’eroismo in guerra, tagliato ogni riferimento ai martiri e ai sacrifici, eliminata la classica dicotomia tra bene e male o l’abusata formula della ‘causa giusta’. La frontiera non è più mito, ma semplice osservatorio.

Un’operazione rischiosa ma indispensabile se parliamo di America, Paese che considera la guerra come un male necessario da oltre vent’anni, dalla caduta delle Torri Gemelle. «È l’esperienza più disumanizzante che esista» certifica il cinquantaquattrenne regista originario di Fermo. Per questo è necessario cambiare la narrazione, volgere lo sguardo altrove, esplorando nuovi territori. Basta sangue, basta spettacolarizzazione.

Tutti i precedenti film di Minervini sono ambientati nell’America di oggi, in ogni sua sfaccettatura. Pur svolgendosi negli anni Sessanta del XIX secolo, anche “I dannati” parla molto della società contemporanea, delle sue contraddizioni e delle sue prerogative. Basti pensare ai contrasti tra Nord e Sud, all’influenza della fede, alle profonde fratture nel tessuto sociale, senza dimenticare la mascolinità tossica. O più semplicemente al tema della guerra, drammaticamente vivido. Minervini scava in profondità, indaga, cerca risposte a domande non banali, senza pretendere il consenso, senza pietismo. Lo ha fatto in “Louisiana” – raccontando la quotidianità di persone ai margini della società e senza futuro – e con ancora più forza in “What You Gonna Do When the World’s on Fire?”, portando sul grande schermo le angherie subite dalla comunità afroamericana.

Documentario o finzione, tra Terrence Malick e l’influenza del neorealismo, la potenza dell’opera di Minervini è sempre la stessa: enorme. Un cinema umano, capace di scuotere, necessario. Il cinema di un grande, grandissimo autore di cui si parla sempre troppo poco.

di Massimo Balsamo

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