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Il Cristo di Leopoli

I ponti della cultura si fanno saltare per ultimi

Michail Piotrovskij, direttore del Museo Ermitage di San Pietroburgo, ha detto no al ritiro immediato delle opere russe presenti nei musei italiani. Nel bel mezzo del conflitto tra Russia e Ucraina, arriva un piccolo barlume di speranza dal mondo dell’arte.
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I ponti della cultura si fanno saltare per ultimi

Michail Piotrovskij, direttore del Museo Ermitage di San Pietroburgo, ha detto no al ritiro immediato delle opere russe presenti nei musei italiani. Nel bel mezzo del conflitto tra Russia e Ucraina, arriva un piccolo barlume di speranza dal mondo dell’arte.
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I ponti della cultura si fanno saltare per ultimi

Michail Piotrovskij, direttore del Museo Ermitage di San Pietroburgo, ha detto no al ritiro immediato delle opere russe presenti nei musei italiani. Nel bel mezzo del conflitto tra Russia e Ucraina, arriva un piccolo barlume di speranza dal mondo dell’arte.
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Michail Piotrovskij, direttore del Museo Ermitage di San Pietroburgo, ha detto no al ritiro immediato delle opere russe presenti nei musei italiani. Nel bel mezzo del conflitto tra Russia e Ucraina, arriva un piccolo barlume di speranza dal mondo dell’arte.
“I ponti della cultura si fanno saltare in aria per ultimi. Ora è il momento di proteggerli”. Inizia così la lunga e sorprendente dichiarazione di Michail Piotrovskij, direttore del Museo Ermitage di San Pietroburgo, diventato mediatore con il ministero della Cultura russa sulla restituzione delle opere d’arte russe presenti nei nostri musei. Il conflitto russo-ucraino aveva attecchito anche il mondo dell’arte, inasprendo le relazioni tra il Cremlino e Roma anche in ambito culturale. Una settimana fa, infatti, in una lettera congiunta, il ministero della Cultura russo aveva richiesto a tutti i musei del Paese che avevano prestato opere all’estero di richiederle indietro entro e non oltre il 31 marzo. Il Museo Ermitage di San Pietroburgo aveva scritto al Palazzo Reale di Milano -in possesso di opere per la mostra su Tiziano- e alla Fondazione Alda Fendi di Roma -con in esposizione la ‘Giovane donna’ di Pablo Picasso- per chiederne l’immediata restituzione. Stesso discorso per le Gallerie d’Italia che ospitano ben 23 opere russe nella mostra dal titolo ‘Grand Tour. Sogno d’Italia da Venezia a Pompei’. Ma la posizione del direttore dell’Ermitage, Michail Piotrovskij, è stata sorprendente. Soprattutto se si considera il profondo legame tra lui e Vladimir Putin, tanto da essere stato a capo della lista dei candidati di San Pietroburgo di «Russia unita», il partito nazionale filo-Putin, nelle elezioni parlamentari del settembre 2021.  “Dispiace molto che le relazioni culturali tra i nostri Paesi siano crollate in un tale buio. Se ne può uscire solo se conserviamo l’atmosfera di buona volontà e benevolenza” ha dichiarato Michail Piotrovskij in una lettera inviata a Maurizio Cecconi, segretario generale di Ermitage Italia. “Ripetiamo sempre che i ponti della cultura si fanno saltare in aria per ultimi. Ora è venuto il tempo di proteggerli e cercheremo di mostrare come si fa. […] L’odierna situazione museale deve mostrare un modo per risolvere problemi seri in un mondo molto complicato per non diventare uno strumento di lotta politica. Abbiamo bisogno di nuovi approcci e accordi senza un ritorno alla retorica della Guerra Fredda”. Il ritiro immediato richiesto dal Cremlino, come si evince nella nota, ad oggi è stato ‘attenuato’ da queste parole. Una piccola consolazione raggiunta con un grande gesto d’amore di Piotrovskij, non di certo verso l’Ucraina e la sofferenza del suo popolo in lotta per la libertà, ma per l’arte e il suo potere super partes.  Tra boicottaggi e minacce resterà certamente impressa l’immagine del Cristo portato in salvo in un bunker dalla cattedrale armena di Leopoli: una corsa contro il tempo dell’orgoglioso popolo ucraino per salvare il proprio patrimonio artistico ed architettonico. Scene che ricordano i ‘Monuments Men’ dell’Alleanza durante la II guerra mondiale: guidati dalla commissione istituita da Owen J. Roberts, i 345 volontari civili tentarono il salvataggio di opere d’arte di incommensurabile valore dai bombardamenti o dal saccheggio dei nazisti. Un esercito privo di armi e di soldati nel senso puro del termine; i ‘Monuments Men’ erano infatti storici dell’arte, curatori di musei, artisti e architetti. Riuscirono a recuperare più di cinque milioni di opere d’arte tra cui lavori di artisti come Donatello, Leonardo, Michelangelo, Rembrandt, Tiziano, Van Eyck, restituite infine alle nazioni proprietarie. Una storia che si ripete ancora oggi e che dimostra quanto l’arte trascenda dalla mera bellezza effimera soprattutto in periodi tragici come quelli che stiamo vivendo. L’arte in tutte le sue forme, capace di portarci alla sublimazione, di raccontare la storia e la nostra cultura e quindi, noi stessi.  L’arte capace di salvarci. Dunque, adesso tocca a noi salvare lei.   di Raffaela Mercurio    

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