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Il veneziano Querini e il baccalà mantecato

Il veneziano Querini e il baccalà mantecato

La storia del patrizio veneziano Pietro Querini che è riuscito a trasformare la disavventura di un naufragio nel 1400 in un piatto gourmet: “il baccalà di Venezia”.
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Il veneziano Querini e il baccalà mantecato

La storia del patrizio veneziano Pietro Querini che è riuscito a trasformare la disavventura di un naufragio nel 1400 in un piatto gourmet: “il baccalà di Venezia”.
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Il veneziano Querini e il baccalà mantecato

La storia del patrizio veneziano Pietro Querini che è riuscito a trasformare la disavventura di un naufragio nel 1400 in un piatto gourmet: “il baccalà di Venezia”.
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La storia del patrizio veneziano Pietro Querini che è riuscito a trasformare la disavventura di un naufragio nel 1400 in un piatto gourmet: “il baccalà di Venezia”.
Non è solo uno stereotipo tra l’iconico e il nazionalpopolare che gli italiani diano il meglio di sé nelle situazioni più disastrate. Ci dev’essere qualcosa di peculiare nel nostro Dna se gli animal spirit in salsa tricolore riescono a sopravvivere e prosperare anche quando sono nella melma. È il caso del patrizio veneziano Pietro Querini che ha dato il via all’invenzione del “baccalà di Venezia”, riuscendo così a trasformare una sua disavventura in un piatto gourmet senza tempo e noto in tutto il mondo (insieme alle sue numerose varianti regionali, ad esempio il “brandacujun” ligure, com’è tipico nei campanilismi del Belpaese) Querini era salpato il 25 aprile 1431 da Candia (allora veneziana) a bordo della nave “Cocca Querina”, diretto verso le Fiandre con un carico di 800 barili di Malvasia, pepe, zenzero e altre merci preziose da scambiare con stoffe fiamminghe. Superato Cabo Fisterra, violente tempeste ebbero la meglio sull’imbarcazione, ben presto ingovernabile e alla deriva. Il ricco commerciante e quindici membri dell’equipaggio riuscirono a sopravvivere al naufragio e a raggiungere su una scialuppa l’isolotto deserto di Sandøy nell’arcipelago delle Lofoten in Norvegia, oltre il Circolo polare artico. Dopo undici giorni di bivacco vennero avvistati e salvati dai pescatori della vicina isola di Røst, che li ospitarono per circa quattro mesi e mostrarono loro la tecnica tradizionale dell’essicazione del merluzzo. Al suo rientro Querini non portò quindi con sé broccati ma pesce. Arrivato nella Serenissima, i gastronomi dell’epoca furono incuriositi dallo stoccafisso e si resero conto che poteva essere una valida alternativa al costosissimo pesce fresco, facilmente deperibile. E proprio per questo motivo iniziarono a elaborare un modo per rendere unico questo nuovo alimento. Ancora oggi il Nord-Est è uno dei maggiori (se non il principale) importatore di “merluzzo ragno nero”, top di gamma: il pesce secco noto come stoccafisso (stokfisk nella lingua dei pescatori dei Mari del Nord) – conservato grazie a una semplice, naturalissima stagionatura deumidificante al vento e al timido sole nordico – e diventato il golosissimo baccalà mantecato servito sulle croste ai ferri, e/o fritte, di polenta. Nel cinquecentesimo anniversario del naufragio gli abitanti di Røst hanno voluto erigere sullo scoglio di Sandøy una stele in memoria di Querini e ancora oggi si svolge ogni anno a Røst il “Querinifest”, una manifestazione che rievoca lo sfortunato evento e il miracoloso salvataggio del veneziano.   di Franco Vergnano

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