La Natura, come l’arte, è sacra e io la difendo
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                Il patrimonio artistico e naturale come risorsa dell’umanità, alternativa ai rischi della frammentazione individualista della società italiana e del consumismo.
        
        		
				
	
		
	
		
        
	
		
	
		
        
        
    
La Natura, come l’arte, è sacra e io la difendo
Il patrimonio artistico e naturale come risorsa dell’umanità, alternativa ai rischi della frammentazione individualista della società italiana e del consumismo.
        
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La Natura, come l’arte, è sacra e io la difendo
Il patrimonio artistico e naturale come risorsa dell’umanità, alternativa ai rischi della frammentazione individualista della società italiana e del consumismo.
        
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AUTORE: Lorenzo Catania
Negli anni della sua presidenza dell’associazione “Italia nostra” (1960-1985), lo scrittore Giorgio Bassani denunciava la realizzazione di tratte autostradali che non tenevano in conto il valore paesaggistico dei luoghi che dovevano attraversare. Sollecitava la creazione di parchi per tutelare le aree naturalistiche di interesse nazionale.
Come oggi, in quegli anni l’Italia era un Paese aggredito dalla cementificazione selvaggia e dalle logiche affaristiche che deturpavano città, campagne, coste, isole. Non di rado lo scrittore si trovava coinvolto in dimostrazioni pubbliche che mettevano a repentaglio la sua incolumità fisica: «Ricordo manifestazioni (per esempio a Palermo) dove c’era francamente d’aver paura. Eravamo evidentemente considerati, dagli amministratori locali […] come dei veri e propri nemici pubblici, rappresentanti, in terra cristiana, degli interessi del demonio. Ultimamente mi è capitato di fare un semplice sopralluogo […] alle isole Eolie.[…] Ebbene, appena sbarcato a Panarea fui aggredito […] da qualche centinaio di indigeni, decisi, come gridavano, a buttarmi a mare. […] La gente berciava: “Le isole Eolie agli eoliani”. Proprio come se le isole Eolie appartenessero soltanto a loro, e non, ovviamente a tutti gli italiani».
Bassani vedeva con preoccupazione l’avanzata della modernizzazione, di cui sottolineava gli aspetti deteriori come il proliferare disordinato delle città che contribuiva al degrado ambientale, all’impoverimento culturale e all’affermazione di una ideologia della crescita senza limiti e senza regole. In un discorso risalente ai primi anni Sessanta – ora leggibile nel libro “Italia da salvare” (Feltrinelli, 2018), raccolta degli scritti civili e delle battaglie ambientali di Bassani – l’autore del celebre “Il giardino dei Finzi Contini” scrive: «Dal 1965 in poi, Italia Nostra si è assai sviluppata;[…] non siamo né contestatori globali, né puri esteti. Riteniamo che il patrimonio culturale e naturale sia un bene di cui la civiltà tecnologica e industriale, nella quale viviamo, non possa fare a meno, se vuole continuare a esistere. La civiltà industriale ha mostrato di sapersi dare un’efficienza, adesso occorre che si dia una religione, che sappia cioè contraddire a tutto ciò che tende a trasformare l’uomo in puro consumatore. È necessario che ci si convinca che vale la pena di espandersi e di consumare un po’ meno, perché l’uomo resti uomo».
Amareggiato dalla modernizzazione radicale e convulsa, Bassani percepiva il patrimonio artistico e naturale come una risorsa dell’umanità alternativa ai rischi della frammentazione individualista della società italiana e del consumismo. “Italia da salvare” è un libro che meriterebbe di essere letto nelle scuole, ma anche dai tanti uomini politici poco sensibili alla salvezza e al futuro del “Paese più bello del mondo”.
Di Lorenzo Catania 
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